Gli investigatori, come ricostruisce il mensile S in edicola, lanciano un grido di allarme. In molte zone della città il pizzo si continua a pagare. La Procura è al lavoro per fermare gli uomini del racket.

Sotto processo ci sono presunti boss e pocciotti della mafia del super mandanento di Camporeale che nella mappa della nuova Cosa nostra in provincia di Palermo inglobava San Giuseppe Jato e Partinico.

Il titolare denunciò di essere stato costretto a pagare 28 mila euro. Condannati il presunto estorsore e due parenti della vittima indicati come i mediatori della "messa a posto".

Salvo Albicocco nel 2010 fece arrestare i propri estorsori a Palermo. La scorsa notte ignoti hanno bloccato con la colla i lucchetti del negozio in fase di ristrutturazione del fratello, che si trova in via Palmerino.

In un primo momento l'imprenditore aveva ceduto alle richieste, poi si era ribellato denunciando.

Regge solo per due imputati l'accusa di avere fatto parte del clan del popoloso centro in provincia di Palermo, dominato dai Vitale. Assolto pure un insospettabile architetto finito in cella per mafia.

Per anni l'imprenditore avrebbe subito in silenzio le vessazioni, fra gli altri, dei mafiosi di Santa Maria del Gesù. Fu costretto persino a "regalare" un appartamento. Poi, messo alle strette dai poliziotti, la scelta di denunciare.

Alla sbarra ci sono 41 imputati fra presunti boss e gregari di uno dei mandamenti mafiosi di Palermo. I legali sollevano una questione di incompatibilità per il giudice che li sta processando in abbreviato. E che potrebbe essere costretta ad astenersi. Risultato: processo da rifare e liberi tutti.

Dopo la decisione dei giudici che dispone il confronto in aula con Maurizio Lucchese, uno dei presunti estorsori dello chef, Giunta dice di essere "stanco di saltare da un'aula di giustizia all'altra". E durante il suo sfogo precisa: "Sono io la vittima, non il colpevole. E' un percorso infinito che scoraggia chi vuole denunciare".

I due sono accusati di avere chiesto il pizzo al titolare di un vivaio a Palermo nel 2010. Secondo gli avvocati degli imputati, i loro assistiti si sarebbero recati dal vivaista solo per acquistare delle piante.

Il gup ha inflitto 8 anni e 4 mesi ad Antonio Di Maggio, 7 anni ciascuno per Pietro Daraia e Pietro Salamone, e 6 anni e 4 mesi per Tommaso Genovese.

Il portale raccoglierà testimonianze e iniziative delle associazioni antiracket nella Sicilia occidentale. Uno spazio, è dedicato alla testimonianza degli imprenditori che hanno denunciato i propri estorsori. Nella foto, Enrico Colajanni, Gregory Bongiorno, Elena Ferraro e Nicola Clemenza.

Secondo i supremi giudici, i pubblici ministeri hanno avuto ragione a chiedere gli arresti domiciliari per Guido Ferrante, agente del Reparto mobile di Palermo, poi scarcerato dal Riesame. Avrebbe suggerito ad un commerciante di corso Calatafimi di "mettersi a posto" con Michele Armanno e Giuseppe Zizo, poi arrestati. Erano loro a gestire le estorsioni nella zona.

Raffaella Di Maio e le sue figlie, tra l'amarezza, la paura e l'ironia, scelgono l'ultima. Il loro negozio, "Porta d'oro arredamenti" di via Galileo Galilei, è stato dato alle fiamme con della benzina. "Possono colpirci all'esterno e bruciarci, ma i nostri e valori e la nostra anima non saranno mai scalfiti. Che il Natale illumini le loro menti".