Trapani, il blitz: "L'anziano boss continuava a fare il capo" VIDEO - Live Sicilia

Trapani, il blitz: “L’anziano boss continuava a fare il capo” VIDEO

I retroscena dell'arresto di Felice Milazzo e di altri quattro indagati

PALERMO – Settantesi anni e un ruolo attuale di capo. Felice Milazzo avrebbe guidato la famiglia mafiosa di Poggioreale-Salaparuta, mandamento mafioso di Castelvetrano. Un’accusa che gli è costata ieri l’arresto. Il gip, pur ritenendo provato il suo ruolo criminale, aveva escluso che la sua pericolosità fosse attuale. E così aveva respinto la richiesta di custodia cautelare in carcere. La Direzione distrettuale antimafia di Palermo ha fatto ricorso e il Riesame lo ha accolto. I supremi giudici ieri hanno dato ragione ai pubblici ministeri. Milazzo è finito in carcere insieme a Mariano e Salvatore Lipari, di 54 e 28 anni. Arresti domiciliari per altri due componenti della famiglia: gli anziani Erasmo Milazzo, 80 anni, e Salvatore Lipari che di anni ne ha 82.

La difesa escludeva che ci fossero le esigenze cautelari. C’era stato un “tempo silente” dopo i precedenti penali di Milazzo. Nessun ruolo nuovo e operativo, ma rapporti di mera frequentazione con i Lipari originati da una ventennale amicizia, scambio di consigli e sfoghi di rabbia per questioni insorte tra allevatori confinanti, ma senza alcun intento intimidatorio, commenti sulle precedenti condanne e sulle notizie giornalistiche relative alla latitanza di Matteo Messina Denaro.

Di altro avviso la Procura della Repubblica di Palermo che ha monitorato fra il 2017 e il 2020 Felice Milazzo ma anche il fratello Erasmo. Il Gip riteneva che il dato di pericolosità più allarmante, ossia quello relativo alla detenzione di armi, era già stato oggetto di separato procedimento a carico dei Lipari le cui armi erano state tempestivamente sequestrate.

Il Riesame nel provvedimento di arresto divenuto definitivo parla di “progressione associativa di Milazzo, cui restano riferibili, con la gravità indiziaria, compiti di coordinamento delle dinamiche criminali della cosca e di risoluzione delle controversie insorte sul territorio che per effetto della sua predominante se non esclusiva vocazione economica silvio-pastorale vertevano su contrasti per i pascoli e per l’acquisto di fondi”.

Un esempio: Mariano Lipari aveva chiesto chiedere al padre di informare Felice Milazzo. Un agricoltore, Giuseppe Lombardo, aveva subito dei danneggiamenti. Bisognava intervenire perché serviva “una strategia di controllo”. Qualcuno stava “alzando la testa”. Cosa Nostra doveva garantire l’ordine pubblico,
“ma non perché ci interessa Peppe Lombardo… perché è un pezzo di sbirro, però tu qua rispetto non me ne porti a nessuno”. Da qui la necessitò di parlarne con Felice Milazzo, anziano e autorevole boss. E un boss resta tale fino a quando non muore o non collabora con la giustizia. Nulla di ciò è acacduto.


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