Catania e Camilleri, attrice e mamma: ecco Valeria Contadino VIDEO

Catania e Camilleri, attrice e mamma: ecco Valeria VIDEO

L'incontro con Valeria Contadino: "Se si vogliono raggiungere determinati obiettivi, è importante comunque sperimentare il sacrificio. Io cerco di insegnare questo ai miei figli".
NATALE A LIVESICILIA
di
9 min di lettura

CATANIA. Un’attrice poliedrica cresciuta nel teatro ed affacciatasi al cinema. L’intervista a cuore aperto con Valeria Contadino.

Sei nata a Catania nella seconda metà degli anni ’70. Quali sono i primi ricordi che hai della nostra città? Com’era Catania in quegli anni?

Catania negli anni 80, perché io ho vissuto pienamente gli anni ‘80, era una città stupenda, bellissima. Non ho brutti ricordi, anzi. Anche perché ovviamente sono legati alla mia infanzia. 
Io ho avuto una bellissima infanzia e i miei ricordi sono legati non solo a Catania città, ma anche alla provincia di Catania, perché ho vissuto felicemente parte della mia infanzia per esempio ad Aci Trezza, che era il luogo della villeggiatura, e quindi ho ricordi meravigliosi di estati che ho vissuto tra Aci Trezza ed Aci Castello.
I primi amori, i bagni a mare, la dimensione del lido, le serate in discoteca.
Quelli sono i ricordi che porto nel cuore, insieme a tutti gli amici chiaramente, tutte le amicizie coltivate proprio in quel periodo. 
E poi invece a Catania ricordo i pomeriggi giovani, cosa che per esempio i miei figli non sanno neanche cosa siano. Però non è soltanto il ricordo di un evento che è lontano nel tempo, come ricordo, ma anche ricordo l’emozione.
Noi andavamo in discoteca proprio per il piacere di ritrovarsi e soprattutto di ballare, di ascoltare buona musica, perché Catania in quel periodo era piena di talenti che proponevano della musica buona, ottima. 

  • Hai incontrato il mondo del teatro già da giovanissima. Ci racconti com’è iniziato questo magnifico viaggio?

Il teatro l’ho incontrato davvero proprio negli anni della scuola. Quindi è stato un incontro assolutamente casuale. Certo, io l’ho vissuto da spettatrice perché da piccolo i miei genitori mi portavano comunque a teatro, al Metropolitan, allo Stabile.
Poi per gioco, un pò per per caso, perché andavo a scuola al De Felice, al tecnico commerciale,per evitare le ultime ore al quinto anno, mi sono avvicinata all’attività teatrale. 
In quel periodo proponevo un laboratorio teatrale che era condotto da Gianni Salvi al Piccolo Teatro di Catania. E da lì ho conosciuto questo mondo magico che è il teatro e non mi sono più scostata, perché poi da quel momento in poi mi hanno contattata per fare sempre spettacoli, sono cresciuta tra i teatri catanesi ed è arrivata subito la prima esperienza al Teatro Stabile di Catania, giovanissima, avevo 19 anni, e da lì non mi sono più fermata.

  • Hai avuto la fortuna di lavorare con registi come Walter Pagliaro, Fabio Grossi, Giuseppe Di Pasquale e Alfredo Arias, recitando accanto a nomi come Leo Gullotta, Pippo Pattavina, Tuccio Musumeci, Mariella Lo Giudice, Lello Arena, Moni Ovadia e Claudia Koll. Cos’ha rappresentato per te confrontarti con i migliori?

Io mi ritengo un’attrice molto fortunata perché ho iniziato la mia carriera da giovanissima ed ho avuto la possibilità di crescere grazie all’approccio lavorativo con diversi registi. Ognuno di loro ha una propria sensibilità ed a me piace moltissimo affidarmi alla sensibilità di registi che sono diversi, percheè ognuno di loro racconta il proprio mondo, il proprio orizzonte, il proprio modo di vedere proprio il racconto ed il testo. Sono filtri diversi e credo che per un attore sia importante potersi sperimentare ogni volta in maniera diversa.
E poi sono cresciuta anche grazie allo sguardo attento. Ho rubato, come è giusto credo che si debba fare, ovviamente dai colleghi, dagli attori più grandi. Ho avuto la possibilità di lavorare con tantissimi attori, a partire da quelli che sono più noti ed a cui i catanesi sono più affezionati, come Tuccio Musumeci, Pippo Patavina e Mariella Lo Giudice. La voglio ricordare con grande affetto Mariella, perché per me è stata un punto di riferimento. 
Quando ero piccolina vedevo questa donna così brava, una mamma di famiglia, però sempre originale e particolare, che era anche bravissima sul palco, quindi la guardavo con molta ammirazione, e devo dire che la penso nel mio cuore spesso a Mariella.
E poi Pippo. Pippo per me è stato l’attore che mi ha dato la possibilità di fare il mio primo spettacolo come co-protagonista, con la regia di Ezio Donato, per la “La lezione” di Ionesco. Quella è stata la prima vera grande prova per me, che andò benissimo.
Poi mi ha dato anche la possibilità di lavorare a fianco a lui in un altro spettacolo importante, “La governante”, che ha fatto una bellissima tournée. Facevo un ruolo piccolo, Jana, ma che mi ha dato grandissime soddisfazioni e poi grazie a quella tournée ho avuto la possibilità di essere contattata anche dal teatro Quirino per potere poi fare altri spettacoli. 
E poi anche ho lavorato con Leo Gullotta,come non ricordare Leo! Leo è un istrione, un maestro. Leo sul palco è una persona tanto rigida quanto generosa, ti restituisce un grande senso di umanità. È una bellissima persona e lo ringrazio per tutto quello che, insieme a Fabio, mi ha insegnato.

  • Il tuto mestiere ti ha portato a girare per le tournée teatrali tutta l’Italia, calcando le tavole del palcoscenico di tutti i più importanti teatri della nostra amata penisola. Che idea ti sei fatta negli anni del nostro paese e di che salute gode oggi il mondo del teatro italiano secondo te?

Credo che per un attore sia una palestra fondamentale potersi confrontare con un pubblico diverso, perché il pubblico non solo non è mai lo stesso, chiaramente, ogni sera, ma in base al territorio ovviamente cambia, perché ogni luogo si porta un background culturale diverso, quindi lo stesso spettacolo ha una reazione da un pubblico, per esempio catanese, rispetto a quello romano, oppure milanese. 
E devo dire che, per esempio, sugli spettacoli con dei testi che hanno un’influenza siciliana, una cadenza siciliana, e ne ho fatti parecchi, penso a Camilleri, paradossalmente al nord comunque il pubblico risponde di più.
Questo mi ha sempre fatto pensare proprio a come la magia del teatro possa arrivare ugualmente, perché quello che passa, paradossalmente, non è tanto il linguaggio verbale quanto proprio quello dell’azione. Ciò che racconti attraverso l’azione poi, in realtà, colpisce lo spettatore. Credo che l’Italia sia un Paese con molta sete di teatro. E’ un Paese che risponde benissimo all’offerta teatrale e che si nutre davvero di tutte le proposte di teatro, delle offerte anche diverse, dalla prosa intesa proprio in senso classico, al teatro più leggero, anche ai musical. In genere comunque il pubblico teatrale italiano è un pubblico meraviglioso.

  • Sei stata definita un’attrice “camilleriana”, ma sappiamo anche che tu hai avuto l’onore ed il piacere di conoscere e frequentare il Maestro anche fuori dall’ambito lavorativo. Ci dici qualcosa su questa amicizia speciale?

Andrea Camilleri per me è stato un punto di riferimento, non solo da un punto di vista artistico, ma anche umano. È un uomo che mi ha dato tanti insegnamenti, mi ha insegnato il valore dell’umiltà ad esempio, perché è un uomo che ha mantenuto sempre la sua identità umile ed umana nonostante il successo e nonostante sia diventato il riferimento letterario più importante italiano nel mondo, e potere avere l’onore di poter mettere in scena, come interprete, i suoi testi per me è stata un’esperienza fondamentale, importantissima. 
Penso a “Il Casellante”, al successo che che ha avuto quello spettacolo, ed a lui sono molto grata, perché proprio quello spettacolo è stato una mia richiesta e lui, con grande generosità, mi ha dato la possibilità di mettere in scena il personaggio femminile, Mimica, e di raccontare quindi la violenza di genere proprio vista dagli occhi meravigliosi, e pieni di amore nei confronti della donna, di Andrea Camilleri.

  • Nel 2013 hai ricevuto il premio Ninfa Galate, Donna Siciliana e sappiamo che oltre ad essere un’attrice affermata hai cresciuto cinque splendidi figli, sei stata sempre impegnata in favore dei diritti delle donne, sostenendo anche campagne contro la violenza femminile, e che hai pure aiutato associazioni volte alla ricerca di malattie come il diabete infantile e l’autismo. E’ stato difficile far conciliare tutti questi mondi?

Credo che  se si vogliono raggiungere determinati obiettivi, è importante comunque sperimentare il sacrificio. Io cerco di insegnare questo ai miei figli. E’ proprio quando senti che c’è il sudore, la difficoltà, gli ostacoli, che hai la possibilità di misurarti ed accettare delle sfide, non nei confronti degli altri, ma sempre nei confronti di te stesso. Io credo che sia importante comunque utilizzare anche il teatro,  vedere il teatro come mezzo di comunicazione e di confronto. E allora, se  si può dare voce, attraverso il teatro, anche a chi una voce non ce l’ha, e potere comunque portare avanti un punto di vista che possa essere costruttivo, allora sì, io sono in prima linea.
Mi sento molto solidale nei confronti delle donne, vivo una condizione di mamma di cinque figli e lavoratrice, credo che ci siano ancora molti pregiudizi da abbattere nei confronti proprio della donna e quindi si vao avanti in quella direzione. Ancora si pensa che la donna debba a volte scegliere. 
Ci sono donne che si trovano continuamente nel bivio lavoro/maternità e non è giusto questo. 
Anche nel mio lavoro ci sono tanti pregiudizi da abbattere. All’inizio, quando comunque avevo i gemelli, perché ho due coppie di gemelli, anche, e mi assentavo per le tournée, sembrava quasi che io fossi, tra virgolette, una cattiva madre, perché comunque mi assentavo, anche se ovviamente mi organizzavo, quindi lasciavo due babysitter, il padre, insomma, chiaramente mi dovevo organizzare.
Ma è come se le donne, comunque, avessero racchiusa in sé, totalmente, la responsabilità di una gestione di figli affidata appunto a se stessa. Invece non è così, perché comunque la donna ha diritto a poter espletare il proprio lavoro ed a potersi affermare anche nella carriera lavorativa che si è scelta.

  • Eduardo De Filippo diceva che con la tecnica non si fa il teatro, ma che il teatro si fa se si ha fantasia. Che importanza da’ Valeria Contadino, attrice, donna e mamma, alla sfera della fantasia?

La fantasia in teatro è tutto, il teatro è fantasia. Il teatro è magia, perché stimola l’immaginazione. In teatro può succedere tutto. Un una semplice penna può diventare una bacchetta magica, può diventare un pettine, può diventare un telefono. Il teatro ti dà questa possibilità di immaginare tutto ciò che vuoi e l’attore deve essere bravo a restituire queste immagini. 
La tecnica ci vuole, chiaramente, perché un attore per raccontare un testo e restituire delle emozioni deve poterlo fare nel tempo tante volte, quindi devi anche comunque gestire gli strumenti a tua disposizione per poter raggiungere questi obiettivi, e gli strumenti che hai a disposizione sono la voce ed il tuo corpo, e deviimparare a gestire anche le emozioni, perché per restituire emozioni devi prima conoscere bene te stesso e devi sapere come attingere a questo meraviglioso pozz
o.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI