CATANIA – Non cercano nemmeno l’oscurità. Agiscono in pieno giorno. Sparano in pieno giorno. A San Berillo nuovo una raffica di colpi ha tranciato l’aria nel primo pomeriggio del 24 marzo. Qualcuno ha chiamato il 112, il Numero Unico dell’Emergenza. La zona, quel giorno, era di competenza della polizia. E così sono arrivati gli investigatori della Squadra Mobile di Catania. Non ci sono stati feriti. Fortunatamente. Da una primissima ricostruzione sembrerebbe “un gesto intimidatorio”. Ma le indagini vanno avanti. Nel pieno silenzio. Nel massimo riserbo. Ma è chiaro che la tensione si è alzata. Il quartiere è quello di San Berillo nuovo. Alcuni anni fa un commando armato fino ai denti era stato bloccato proprio in via dell’Adamello a San Leone. E da alcuni blitz si scoprirà che dietro c’era un regolamento di conti legato alle tensioni per i confini dello spaccio. La zona è sempre quella. E dietro questa ‘prova di forza’ potrebbe esserci sempre il ‘controllo’ del mercato nero della droga. Che qui, storicamente, è diviso tra Cursoti Milanesi e Cappello-Carateddi. I due clan – anche se decimati dagli ultimi arresti – sono composti da carusi che non si fanno problemi a girare armati. E per far ‘capire’ chi comanda sarebbero pronti a ‘farsi sentire’. Anche a suon di pistolettate.
A Catania sono arrivate ‘le stese’ in perfetto stile baby gang napoletane. Gli indizi che questo sarebbe avvenuto c’erano tutti. E da anni. Che le nuove leve della mafia militare catanese, sempre più formate da mine vaganti che da criminali della vecchia guardia, imitano i criminali della camorra è un fatto accertato. Emulano i personaggi della serie Gomorra, dalla pettinatura al vestiario, fino all’arredamento kitsch delle case.
Questi nuovi (baby) boss uccidono. La guerra di Librino e l’omicidio di Enzo Timonieri ne sono la prova. E gli ultimi sequestri di arsenali dimostrano che sono armati fino ai denti.
La tregua a San Berillo nuovo sembrava fosse stata sancita. L’inchiesta Tricolore ha documentato che per spartirsi il territorio di Corso Indipendenza avevano deciso di far sventolare le bandire: quella del Milan per i Cursoti Milanesi e quella Americana per i Cappello. Ma ultimamente, il pentito Salvatore Castorina ha raccontato che questo ‘accordo’ non sarebbe piaciuto a Saretto u furasteri Pitarà, boss di una ‘corrente’ dei Cursoti Milanesi, deceduto per cause naturali alcuni mesi fa. “Questa bandiera di qua se ne deve andare… perché qua è casa mia” e… però lo sa perché non sono uscite magari tutte queste discussioni, perché non ci sono arrivati a fare cose brutte come sono arrivati ora? Perché Christian Monaco è nipote… (acquisito di Pitarà)”, ha raccontato il pentito. Ma Christian Monaco è finito in carcere proprio nell’operazione Tricolore. E il boss, come detto, è deceduto. Gli equilibri quindi potrebbero essere saltati. Non dimentichiamo che il fratello di Monaco, infatti, è stato gambizzato proprio per un debito di droga. E i nomi portano proprio alla corrente dei Milanesi collegata al boss scomparso.