I segreti di Ciancimino: | "Dal papello a Forza Italia" - Live Sicilia

I segreti di Ciancimino: | “Dal papello a Forza Italia”

16.15 L'accusa anticipa la richiesta di sentire come testimoni Claudio Martelli, già ministro della Giustizia, e Liliana Ferraro, direttore degli Affari penali succeduta a Giovanni Falcone. I testi saranno sentiti sull'esistenza dei rapporti fra i carabinieri e Vito Ciancimino e la richiesta del passaporto per l'ex sindaco di Palermo. Si tratta di un'attività di indagine svolta nel corso del giudizio che integra gli elementi che originariamente sono stati presentati
La lunga deposizione al processo Mori
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16.15 L’accusa anticipa la richiesta di sentire come testimoni Claudio Martelli, già ministro della Giustizia, e Liliana Ferraro, direttore degli Affari penali succeduta a Giovanni Falcone. I testi saranno sentiti sull’esistenza dei rapporti fra i carabinieri e Vito Ciancimino e la richiesta del passaporto per l’ex sindaco di Palermo. Si tratta di un’attività di indagine svolta nel corso del giudizio che integra gli elementi che originariamente sono stati presentati. A riguardo sono stati depositati i verbali delle deposizioni acquisite e uno di confronto fra i due raccolto dai pm di Palermo e Caltanissetta. La difesa si associa. Il tribunale ammette l’esame dei testi. Le parti rinunciano a sentire Giovanni Tinebra mentre l’accusa esprime la sua riserva alla rinuncia di ascoltare l’avvocato Taormina. L’udienza è terminata.

16.10 Massimo Ciancimino non ce la fa più, è stanco e provato. Ha appena detto che l’ufficiale dei carabinieri De Donno non voleva che suo padre si incontrasse con Di Pietro, infine crolla. Non si sente di rispondere alle domande della difesa, una situazione che pregiudicherebbe la genuinità delle sue risposte. L’udienza è stata spostata a martedì 2 marzo quando comincerà il controesame.

16.00 Si è chiuso l’esame da parte del pm Nino Di Matteo con una domanda su un appunto trovato in un libro di Iannuzzi: “Il falso è chiaro e lampante”.  “Iannuzzi parlava del periodo della trattativa mio padre lo scrive in contrapposizione alle versioni giornalistiche e a quelle concordate con i carabinieri” spiega Ciancimino che appare provato dall’interrogatorio. Ora è il momento della difesa.

15.50 L’accusa pone una serie di domande sugli appunti manoscritti di Vito Ciancimino.

15.30. I verbali degli interrogatori di Vito Ciancimino – secondo suo figlio – e il memoriale sequestrato nella sua cella erano documenti concordati con le forze dell’ordine, che omettevano la prima parte della trattativa, quella del papello, datando gli incontri dopo la strage di via D’Amelio. “Era per tutelare la mia posizione” racconta Massimo Ciancimino.

15.10 L’udienza riprende col pm Nino Di Matteo che sta ponendo domande sui colloqui investigativi sostenuti da Vito Ciancimino. “Prima degli interrogatori c’erano le visite del capitano De Donno e dell’allora colonnello Mori da mio padre. Me lo racconta lui nei colloqui in carcere. De Donno mi passava anche le richieste di mio padre. Sono tutti riferimenti presenti nella mia sim che è stata sequestrata… mi aveva meravigliato che non era mai stata intercettata, come la casa di Roma. Mi è stata sequestrata nel 2005 quando mi hanno arrestato, non è stata più rinvenuta. Nella rubrica c’erano anche i numeri del signor Franco”.

13.50 Nella trattativa si sarebbe parlato anche di una nuova forza politica. “Era uno degli oggetti principali del contropapello. Il foglio che mio padre scrive di persona e che prende in considerazioni le possibili soluzioni sottoposto a Provenzano da far approvare a Riina, c’erano argomentazioni… c’era quella di dar vita a un nuovo soggetto politico… il contropapello era il programma di partito, “Rinascita siciliana”, “Rinascita Italia”, anche Gelli aveva aspirazioni di questo tipo. Uno degli obiettivi, dopo le consultazioni del ’92, dove c’era stata grande avanzata della Rete, cadono Dc e Psi e risultato ottenuto dalla Lega. Mio padre riteneva interessante il coinvolgimento… il valore aggiunto dei voti in Sicilia. La politica di centro andava custodita. Si riporta la trattativa in merito all’idea della nascita di questo soggetto politico. Il “Partito del Sud”, defiscalizzazione della benzina, cose che possiamo chiedere ora e altre che siano programma per il partito”.

13.40 Massimo Ciancimino: “Mio padre minaccia di raccontare quella che era stata la nascita della coalizione che aveva dato vita a Forza Italia, i patti che avevano fatto nascere Forza Italia”.

13.30. Ciancimino jr legge la lettera (una rielaborazione di quella ricevuta in carcere da Lo Verde, cioè Provenzano,  di cui si è parlato nella diretta)  scritta da don Vito e inviata a Dell’Utri – secondo lui – e per conoscenza a Berlusconi: “Anni di carcere per questa mia posizione politica,  intendo dare il mio contributo e non sarà modesto perchè questo triste evento non abbia a verificarsi, sono convinto che se dovesse verificarsi questo evento, sia in sede giudiziaria che altrove,  l’onorevole Berlusconi metterà a disposizione una delle reti televisive. Se passa molto tempo,  e non sarò indiziato di ingiuria,  sarò costretto a uscire dal mio riserbo che dura da anni”.

13.05 Il tribunale ha ammesso alcuni documenti consegnati stamane da Massimo Ciancimino. Il passaporto del figlio piccolo, una missiva in carta intestata “Ministero della difesa” a firma “Attilio” e la copia di un manoscritto di Vito Ciancimino indirizzata, per conoscenza, al presidente del consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi.

12.48. “L’ultima minaccia una settimana fa.  La settimana scorsa sul parabrezza dell’auto blindata la mia scorta ha trovato una lettera minatoria in cui si diceva che nessuno, neppure i magistrati di Palermo con cui sto collaborando, sarebbero riusciti a salvarmi”.

12.35 “Quando sono andato a prendere i primi contatti con l’istituto dove si trovava la cassetta di sicurezza in cui c’erano i documenti e il papello,  durante tutti i miei spostamenti sono stato seguito, sia da personaggi legati alle istituzioni francesi, riferibili al signor Franco (Servizi), ma anche da autorità italiane. Quando rientro in Italia vengo fermato al traforo del Monte Bianco, invitato a raggiungere gli uffici per un normale controllo, trovo diversi ispettori della Dia, con decreto della procura di Caltanissetta che imponeva di consegnare tutti documenti sulla trattativa. Mi hanno fermato alle 14 e30, sono andato via alle 19, dopo perquisizioni personali, per me e mia moglie, e dell’auto”.

12.20 “Fui avvisato dall’emissario del signor Franco di allontanarmi da Palermo, andare all’estero, nell’aprile del 2006. Andai in Egitto e mi portai anche il mio avvocato” racconta Massimo Ciancimino. “Ogni mattina cercavo di sapere gli sviluppi, queste nuove attività, chiamavo Lirio Abbate e qualcuno una mattina mi disse che era impegnatissimo perché era stato arrestato Provenzano. Rientrai dopo tre quattro giorni, avevo contezza che non avevo fatto nulla perché non avevo collegamento con l’arresto di Provenzano. Non accadde niente… c’erano solo due pizzini in cui si faceva riferimento a me…  La seconda volta sono stato avvertito che sarei stato arrestato dall’emissario del signor Franco che mi invita a portare l’arresto tutti i documenti che avevo con me”.

12.10 I carabinieri e i Servizi segreti sarebbero stati a conoscenza che Massimo Ciancimino teneva il papello in una cassaforte della sua abitazione all’Addaura. La cassaforte, però, non fu mai trovata nel corso delle perquisizioni che vennero effettuate quando Massimo Ciancimino fu arrestato per riciclaggio.

11.50 Il presidente della corte ha concesso una pausa al teste che ha avuto un crollo emotivo quando gli sono state mostrate le foto della perquisizione della sua causa all’Addaura. Piero Milio, avvocato della difesa, ha chiesto con forza che Massimo Ciancimino non incontri nessuno durante la pausa.

11.30 “Sciacchitano, allora viceprocuratore nazionale antimafia, mi aveva fatto sapere, tramite il professor Lapis, di non coinvolgere la società madre, quella del gas, per cui ero indagato perché dentro c’erano figli di magistrati. Avrebbe intercesso con la procura che mi accusava per far cadere le accuse”. Ciancimino jr spiega da dove nasce la sua collaborazione. “Sin dall’inizio della mia vicenda giudiziaria… in tutto questo periodo fra gli emissari del signor Franco… ero stato invitato a mantenere una condotta non vantaggiosa per me. Io volevo dire la verità ma un emissario del signor Franco (Servizi, ndr) mi invita a non parlare della questione dei carabinieri e dei rapporti con Berlusconi e Dell’Utri”.

11.15 “Sul mio ruolo mi era stato garantito il segreto di Stato”. Ciancimino jr racconta come, dopo le prime fughe di notizia sui giornali sulla presunta trattativa, si sarebbe allarmato ma sarebbe stato confortato dal capitano De Donno. “Non sarai chiamato in nessun processo…né tu né tuo padre – avrebbe detto De Donno – per trent’anni queste notizie non venivano fuori perché c’era segreto di Stato”.

11.00 “Il ruolo di mio padre rispetto alla lettera… era quello di richiamare il partito che era nato grazie anche a quello che era il frutto della trattativa, o collaborazione dopo agosto, a ritornare un poco sui suoi passi… era un’avvisaglia a rientrare nei ranghi… senza scordarsi che Berlusconi come entità politica era il frutto di questa trattativa… l’ultimo passaggio ‘evitare triste evento’ si riferiva a atto intimidatorio al figlio di Berlusconi”.

10.50 “…Posizione politica intendo portare il mio contributo (che non sarà di poco) perché questo triste evento non abbia a verficarsi, sono convinto che questo evento, on berlu, vorrà mettere a disposizione una delle sue reti televisive”. Ingroia legge una lettera sequestrata a Ciancimino. “Non è stato uno dei momenti più difficili dei nostri incontri – dice Ciancimino jr ad Ingroia – è la metà del foglio, doveva essere conservato da me insieme ad altri fogli. Su questo argomento ho un po’ di ansia. E’ un foglio che ho  conosciuto e conservato nella sua interezza, nel 1994. L’ho visto quando lo stesso mi era stato consegnato da soggetti vicini a Lo Verde per mio padre. L’ho portata in carcere e mio padre se lo trascriveva… nella prima parte si faceva riferimento al destinatario, il senatore Dell’Utri, per conoscenza a Berlusconi. Il contenuto… quando lo prendiamo in esame con mio  padre nel 2001… questa frase mio padre la prendeva da una precedente intervistadi Berlusconi nel ’77 a Repubblica, intervistato sulle scelte imprenditoriali, giornali televisioni, disse al giornalista… nel caso un amico sarebbe dovuto scendere in campo non aveva problema a mettere a disposizione una rete televisiva. La lettera arriva da ambienti vicini al Lo Verde”.

10.45 “’Ho riparlato anche col nostro amico del discorso che le sta a cuore…’”. “Lo Verde comunica a mio padre che aveva parlato col senatore Dell’Utri per le problematiche che stavano a cuore a mio padre… per poter far beneficiare mio padre di un provvedimenti che riguardavano amistia o indulto…” spiega Ciancimino jr.

10.40 Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, nel corso della sua deposizione al processo al generale del’Arma Mario Mori, accusato di favoreggiamento alla mafia, ha depositato il passaporto rilasciato al figlio dieci giorni dopo la nascita. Secondo il teste il documento sarebbe stato ottenuto grazie all’intercezione del signor Franco, l’agente dei servizi segreti che per oltre 30 anni sarebbe stato protagonista, nell’ombra, della cosidetta trattativa tra mafia e Stato. Il rilascio del passaporto ad un bambino di soli 10 giorni, prassi insolita, ottenuto grazie allo 007, dimostrerebbe il legame tra il teste, suo padre e l’agente dei Servizi.

10.15 Il pm Antonio Ingroia legge due “pizzini” consegnati da Massimo Ciancimino. E’ la corrispondenza fra Provenzano e Don Vito. “Carissimo ingegnere, M mi ha detto che visti i fatti accaduti non è prudente incontrarci giovedì 23… Ho parlato Amici comuni che mi hanno detto che m quando viene a Palermo non è solo, il ragazzo si guarda, secondo me c’è qualcosa che non funziona, se lei continua a parlarci con queste persone mi faccia sapere” c’è scritto nel secondo. Ciancimino jr spiega: “Nell’ultimo incontro, 12 o 13 luglio 1992, mio padre prende in esame il “papello”… chiede l’intervento Riina per il contropapello… Provenzano gli comunica che aveva saputo che nei miei spostamenti ero pedinato… poi, vista l’origine di Provenzano, c’era diffidenza”.

10. Si apre l’udienza. Si è aperta con la richiesta di alcune produzioni documentali, avanzata dalla procura, l’odierna udienza del processo all’ex generale dei carabinieri Mario Mori e al colonnello dell’Arma Mauro Obinu, imputati, davanti alla quarta sezione del tribunale di Palermo, di favoreggiamento mafioso. Il pm Nino Di Matteo ha chiesto l’acquisizione del verbale di perquisizione domiciliare eseguita a casa di Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo, il 17 febbraio 2005. La procura ha anche espresso l’intenzione di depositare il foglio, trovato durante quella perquisizione, in cui, secondo Ciancimino, il boss Bernardo Provenzano avrebbe chiesto a Berlusconi di mettergli a disposizione una delle sue reti tv. Il tribunale ha ammesso le istanze della procura. Ora Massimo Ciancimino ha cominciato a deporre. Questa è la terza udienza dedicata alle dichiarazioni del teste.

Atto terzo
Massimo Ciancimino atto terzo. Dopo le udienze dell’1 e 2 febbraio scorso in cui Ciancimino jr ha risposto alle domande dei pm Nino Di Matteo e Antonio Ingroia, oggi il figlio di Don Vito terminerà il suo esame. Dopo la parola passerà all’avvocato Piero Milio, legale del prefetto Mario Mori, per il controesame.

Massimo Ciancimino nelle sue precedenti deposizione ha attraversato trent’anni di storia dei legami fra la mafia, la politica e altri apparati dello Stato. Dalle “mangiate” a cui prendevano parte il padre Don Vito e altri politici siciliani che decidevano di appalti e strategie di partito, ai misteri italiani come la strage di Ustica e il sequestro Moro. Un ritratto di vita familiare, accompagnato dalla costante presenza di “Franco”, presunto appartenente ai servizi di sicurezza che, con Provenzano, rappresentava il principale punto di riferimento di Vito Ciancimino. In mezzo anche gli ufficiali del Ros che per dare un freno alle strategia stragista intrapresa da Totò Riina, avrebbero incontrato Don Vito e, con l’apporto determinante di Provenzano, catturato proprio il “capo dei capi” lasciando inviolato il suo covo. Sarebbe stato il “patto” stretto fra carabinieri e quella parte di Cosa nostra che dissentiva da Riina. Per questo Provenzano avrebbe avuto la garanzia di impunità, perché individuato come colui che avrebbe dovuto riportare la mafia siciliana alla sommersione.

Ma dopo i primi due giorni di deposizione ci sono anche stati strascichi. Massimo Ciancimino, rispondendo a un commento su Blogsicilia, ha annunciato che prenderà in considerazione, finita la testimonianza, la possibilità di interrompere la collaborazione con i magistrati di Palermo e Caltanissetta. Il figlio di Don Vito si è sentito solo e criticato da più parti e, inoltre, avrebbe ricevuto ulteriori minacce in questi ultimi giorni.

Il processo vede alla sbarra il prefetto Mario Mori, già ai vertici del Ros dei carabinieri e del Sisde,  e il colonnello dell’Arma Mauro Obinu. Il 31 ottobre 1995 Bernardo Provenzano era stato individuato a San Giuseppe Jato da un mafioso-spia che collaborava con l’allora colonnello dei carabinieri Michele Riccio. Quel giorno Luigi Ilardo, l’ “insider”, si sarebbe incontrato con Provenzano ma il blitz non è scattato. Qualche mese dopo è stato ucciso sotto casa sua a Catania, dopo pochi giorni sarebbe entrato ufficialmente nel programma di protezioni dei collaboratori di giustizia.


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