PALERMO – “Crocetta dice che la gente lo ama? Evidentemente frequentiamo posti diversi”. Dopo la direzione di ieri, Mirello Crisafulli è soddisfatto. Ma non contento. Questo anno e mezzo di governo, per lui, è stato “un fallimento”. Il nulla, o, nella migliore delle ipotesi, il caos ha contraddistinto l’alba della rivoluzione. Fino al punto da “spingere la gente a rimpiangere Cuffaro”.
Ma almeno sarà felice di come si è conclusa ieri la direzione? Il Pd ha confermato la fiducia a Fausto Raciti.
“Sono molto soddisfatto soprattutto del fatto che si è finalmente sgombrato il campo dalle chiacchiere sui cuperliani in giunta. Come se il problema fosse solo di una parte”.
Non è così?
“Non è così. La questione è politica. C’è una sfida da affrontare. Un percorso da compiere tutti insieme”.
Il percorso però passa dalla riapertura del dialogo con Crocetta. Perché pensa che stavolta possa cambiare qualcosa?
“Io prendo atto solo di un fatto: anche Rosario Crocetta ha firmato la relazione approvata quasi all’unanimità ieri sera. Un documento di cui si è fatto garante anche il vice di Renzi, Lorenzo Guerini”.
E allora chiedo, visto che il suo giudizio sul governo Crocetta è stato finora fortemente negativo, crede che il governatore sia in grado di operare quella svolta che voi chiedete?
“Questa è una domanda da un miliardo di dollari. Non ho una risposta. Spero di sì. Anzi, spero che tutti alla fine saremo all’altezza della situazione. Altrimenti…”.
…altrimenti che si fa? In questi giorni è molto caldo il dibattito sull’autonomia e su un eventuale commissariamento della Sicilia che passi dalle dimissioni di Crocetta. Lei che ne pensa?
“Sulle dimissioni non so che dirle. È un problema di Crocetta, non mio. Sul commissariamento non sono d’accordo. Se una cosa non funziona, non va distrutta, ma va riparata. L’autonomia è comunque una conquista che non va messa in discussione. Certamente, il governo Crocetta non sta facendo nulla per l’autonomia”.
Che vuole dire?
“Penso che la vera autonomia passi dal coinvolgimento della Sicilia, dei siciliani, delle istituzioni, delle forze politiche. Oggi nessuno si sente coinvolto”.
In tanti in effetti in questi mesi hanno rimproverato a Crocetta di “fare tutto da solo”.
“E’ esattamente così. Solo che un uomo solo al comando non fa l’autonomia. Fa solo cazzate”.
Eppure lui afferma di essere il difensore della “specialità” siciliana.
“Diciamo che Crocetta è autonomo anche rispetto all’autonomia”
Mi può spiegare?
“Le faccio un esempio. L’accordo col Ministero dell’Economia che prevede la rinuncia ai contenziosi è un errore. Crocetta non poteva sottoscriverlo senza un mandato dell’Ars. Quelle cose, quegli accordi li può fare a casa sua, con i suoi soldi. Non con quelli dei siciliani”.
In tanti oggi stanno criticando anche la norma che prevede l’abolizione del tetto agli stipendi di quattro società partecipate. Tra gli amministratori, molti “fedelissimi” del presidente, da Ingroia a Polizzotto.
“Anche questo è un fatto incredibile. Un altro errore. Bisogna decidersi: o si rispettano le norme, e alle norme devono sottostare tutti, o si apre alle deroghe. Ma a quel punto, le deroghe potrebbero essere migliaia. Ma poi, si è anche sottovalutato un punto…”.
Quale?
“Al di là degli stipendi, io non ho ancora capito cosa abbiano fatto questi amministratori”.
Forse non l’ha capito perché anche lei fa parte del “Pd degli antenati”, come ha detto ieri Crocetta.
“Guardi, io e Crocetta siamo coetanei. E quindi immagino che staremo dalla stessa parte. Decida lui se è quella degli antenati o se è un’altra. Io so solo una cosa: il Pd a Enna ottiene il 45% dei voti. Il risultato migliore di tutta l’Italia meridionale. Se io sono un antenato, forse a questo Pd ne servirebbe qualcun altro…”.
Cosa ha sbagliato Crocetta in questo anno e mezzo?
“Abbiamo assistito a un anno di spot. E poi, per la prima volte forse, sono d’accordo con quanto ha detto il presidente di Confindustria Montante: Crocetta ha solo destrutturato. E nemmeno bene. Penso al mondo della Formazione ad esempio. Non è andato mai oltre gli annunci e la confusione”.
Non c’è niente da salvare?
“Me lo dica lei se c’è una cosa da salvare. Una cosa per cui il Pd possa dirsi orgoglioso”.
Non saprei, il governatore afferma di aver già compiuto una mezza rivoluzione.
“Quale rivoluzione? Persino una riforma come quella delle Province, che doveva essere il fiore all’occhiello di questa esperienza, si è tramutata in vero e proprio caos. Quella è una legge un po’, diciamo così, originale”.
Cosa manca secondo lei a Crocetta per compiere davvero questa rivoluzione di cui si parla dal primo giorno?
“Il problema è alla base. Questo governo non sa cosa fare della Sicilia. Crocetta non ha un’idea chiara di cosa fare”.
Eppure il presidente dice che la gente ha recepito il “messaggio”. Che la sua popolarità è intatta. Che la gente lo ferma per chiedergli foto e autografi.
“Evidentemente io e Crocetta frequentiamo posti diversi. La gente che incontro io non è affatto entusiasta di questa esperienza. Il presidente è in una fase di evidente appannamento. E ha ragione Guerini: senza il Pd non può governare”.
Lei parla quindi di gente scontenta. Ma fino a che punto? Fino al punto, ad esempio, di rimpiangere un governatore in carcere per mafia come Totò Cuffaro?
“Guardi, vorrei tanto risponderle che non si è arrivati fino a questo punto. Ma la sensazione che si ha è proprio questa. Oggi i siciliani, al netto dell’opinione sulla vicenda giudiziaria, forse preferirebbero Cuffaro a Crocetta”.
Torniamo alla direzione di ieri. La relazione di Raciti è stata votata quasi all’unanimità. Eppure per qualche esponente renziano, quello era il “segretario di una minoranza”.
“Non so che dirle. Forse chi ha espresso quelle opinioni non aveva fatto bene i conti. I calcoli li avranno rifatti meglio durante la direzione. E forse anche le parole di Guerini li hanno spinti un po’a riflettere. Certo, se poi qualcuno ci considera una minoranza, ha gli strumenti per dimostralo. Lo dimostri pure”.
Si riferisce a quella ipotesi sulla sfiducia al segretario, saltata fuori nei giorni scorsi?
“Penso che quando si arriva a queste considerazioni, la politica è finita, non c’è più”.
Adesso però tutto potrebbe cambiare. Il segretario Raciti ha avuto mandato per ridiscutere la delegazione del Pd in giunta.
“No, si sbaglia. Il documento parla chiaro. Raciti non deve ‘discutere’, ma deve ‘proporre’ la delegazione del Pd in giunta”.
Perché, gli assessori Bruno, Agnello, Scilabra, non sono del Pd?
“Non sono gli assessori del Pd. Sono solo assessori amici di qualche dirigente del Pd”.
Bene, la delegazione va ridiscussa. Ma su quale base? Con quali criteri?
“Intanto, io eliminerei quella pregiudiziale ridicola nei confronti dei deputati. Non vedo perché non possano fare parte della giunta. Poi si può discutere se debbano essere tutti deputati oppure solo una parte, oppure nessuno. Ma non si può porre il veto fin dall’inizio”.
Che vantaggi porterebbe la presenza dei parlamentari al governo?
“Io le chiedo: cosa sarebbe successo se Renzi avesse nominato solo ministri ‘esterni’? La presenza dei deputati al governo non fa che radicare maggiormente il governo alle forze politiche che lo sostengono”.
Non ho ancora capito in che modo avviene questo “radicamento”.
“E allora glielo spiego con un esempio: mettiamo caso che io voglia discutere di rifiuti. Con chi ne parlo? Posso mai discuterne con chi sta sempre fuori dalla Sicilia? E che magari non sa nemmeno se la Sicilia è triangolare o quadrata?”.