La scelta di Angelina - Live Sicilia

La scelta di Angelina

Angelina Jolie

La bellissima Angelina Jolie, celebrata bellezza femminile, ha scelto una strada difficile. Che la rende bellissima.

Qualche tempo fa, in un articolo pubblicato sul ‘New York Times’, Angelina Jolie, una delle attrici più famose e ammirate del cinema internazionale, ha comunicato di essersi sottoposta all’asportazione delle ghiandole mammarie per ridurre il rischio, stimato dai suoi medici intorno all’87%, di contrarre il cancro a causa di un’anomalia genetica responsabile di circa il 10% dei casi di una malattia che uccide 458.000 persone ogni anno (dati OMS). Interpellati dai media, i massimi esperti della materia hanno chiarito che non esistono linee-guida che affermino che questa strategia “estrema” è da preferire a quella più cauta e basata sulla ripetizione ad intervalli più ravvicinati delle normali procedure di screening, come la mammografia. In assenza di certezze, la scelta di Angelina investe unicamente la sfera personale e merita il massimo rispetto e la più alta considerazione per la sua valenza etica e divulgativa.

Nel compiere la sua scelta, Angelina ha dapprima guardato indietro. E più precisamente in direzione di sua madre; colei che le trasmise, insieme a tanta grazia, anche quel gene difettoso. Possiamo solo immaginare quanta sofferenza abbia dovuto patire a causa di quelle, durate molti anni e tragicamente terminate all’età di 56, di chi la mise al mondo. Poi Angelina guarda in avanti e ci parla dei suoi figli e delle loro domande su quella nonna che non hanno mai conosciuto: “Può accadere anche a te, mamma?”. E quando alcuni mesi fa ha scoperto che la risposta a quella domanda era affermativa, Angelina ha deciso.

Ma per quanto intima e personale fosse stata quella scelta, Angelina non l’ha tenuta rinchiusa entro i confini della sua casa, come peraltro sarebbe stato suo diritto. Chi mai avrebbe potuto, con i progressi della chirurgia ricostruttiva, scoprire il suo segreto? Ed è proprio in questo che si configura la grandezza del gesto di Angelina, una donna che non ha guardato solo al passato e al futuro della sua famiglia, ma che si è volta anche verso il basso e di lato scendendo dall’Olimpo delle Dive per parlare al cuore e alla mente di tutte le donne e dei loro compagni. Per rompere il tabù della parola “cancro”, una malattia che fa paura al solo pronunciarla e che dobbiamo smettere di chiamare “male incurabile”.

Per parlare dell’importanza della prevenzione. Per dare coraggio a chi è stato colpito e fronteggia i problemi psicologici che conseguono alla mutilazione di un organo pari universalmente considerato, per funzione fisiologica e per valenza estetica, il simbolo stesso della femminilità. Angelina non ha avuto paura di comunicare ai propri simili che uno dei punti di forza della propria avvenenza era una sorta di bomba ad orologeria pronta ad esplodere. Una splendida mela rossa ed invitante, ma con un verme dentro in forma di serpente velenoso. Nell’era in cui l’apparire ha sempre aggio sull’essere, una delle donne più belle e desiderate al mondo ricorda al mondo stesso che ciò che conta è la sostanza e non la forma. O meglio, le forme.

La storia di Angelina lascia aperti alcuni altri interrogativi. In primo luogo, l’aspetto economico che già adesso incide in modo crescente sulla qualità dell’assistenza sanitaria. Lei stessa ricorda che i circa 3.000 $ spesi per i test genetici, risibili per lei, sono un ostacolo per molte donne. Aggiungo che è prevedibile che in futuro crescerà il ricorso a procedure di biologia molecolare atte a prevedere il destino clinico di un individuo; un po’ come si vede in certi film di fantascienza. Quale datore di lavoro assumerà un malato più che potenziale?

Quale compagnia assicurativa stipulerà una polizza-vita ad un individuo con un assetto genetico “sfavorevole”? Solo il tempo darà risposta a queste domande perché il progresso scientifico e tecnologico prevede solo la marcia avanti. Nell’attesa, e per quello che conta, posso solo ribadire tutta la mia ammirazione per Angelina. Adesso avrà pure due protesi al posto delle “tette”, ma di certo ha dimostrato al mondo intero di essere una gran donna. Di quelle dotate di fegato e di palle. Non ne sono affatto sorpreso. In fondo, in oltre trenta anni di quotidiano contatto con la sofferenza, mi è ormai chiaro che “le palle”, al di là di ogni evidenza anatomica, sono più spesso un attributo del genere femminile.

 


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI