Opere pubbliche in Sicilia, il libro dei sogni e delle promesse mancate

La Sicilia delle opere fantasma: promesse e incapacità

Funivie, acquari, piste ciclabili sullo Stretto di Messina: la fantasia non manca, l'inefficienza neppure

PALERMO – Dall’aria al mare, magari da attraversare in bicicletta lungo il ponte sullo Stretto di Messina (anche questo era stato annunciato). Mica c’è solo solo il Ponte, però, a ricordare la promessa tradita di migliorare la Sicilia.

Opere pubbliche presentate in pompa magna e mai realizzate, grandi incompiute per colpa della malapolitica e della giustizia talmente lenta da diventare ingiusta, progetti meritevoli che si è finto di prendere in considerazione e altri fantasmagorici che manco la ‘supercazzola’ del conte Mascetti di “Amici miei” nella straordinaria interpretazione di Ugo Tognazzi.

L’ultima opera pubblica rispolverata da Nello Musumeci e benedetta dal sottosegretario al ministero delle Infrastrutture Giancarlo Cancelleri, è la Pedemontana, una strada pensata per decongestionare il viale Regione Siciliana, a Palermo. La circonvallazione doveva lambire il centro abitato ed invece ha finito per passarvi in mezzo. Ora si parla di progettare la nuova tangenziale. Un déjà vu, speriamo che almeno il progetto sia diverso da quello preparato e cassato già una dozzina di anni fa.

In infatti avrebbero già potuto volteggiare le cabine della funivia che doveva collegare Palermo a Montepellegrino. Che attrazione, che attrazione turistica, che piacere per i palermitani poter salire seguendo la traiettoria di un cavo fino alla grotta della Santuzza, Santa Riosalia. Un progetto meritevole proposto nel 2015 da un gruppo di professionisti di cui si torna a parlare ciclicamente e che di recente è stato reinserito nel nuovo piano regolatore comunale. Al momento è solo solo una linea nella mappa del libro dei sogni.

I problemi si fanno seri quando si passa dai sogni alla realtà e la realtà dice che in Sicilia ci sono 133 grandi opere incompiute delle 410 catalogate in tutta Italia dall’Osservatorio sui conti pubblici in vista del Pnnr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Solo qualche esempio. A Castiglione di Sicilia, nel Catanese, dalla fine degli anni Ottanta si attende che sette chilometri della Circumetnea diventino una strada o forse una pista ciclabile. Sono stati spesi una ventina di milioni di euro, ma la strada non c’è.

Come non c’è il collegamento fra Aragona, Santa Elisabetta, Sant’Angelo Muxaro, San Biagio Platani e Raffadali, nell’Agrigentino. Anche in questo caso una ventina i milioni già spesi. E la diga di Blufi? Stando al progetto avrebbe dovuto essere già pronta da oltre mezzo secolo.

Tornando a Palermo. Dall’aria alla terraferma, le strade. Se avessero rispettato tempi e promesse oggi i cittadini transiterebbero nel sottopassaggio di via Perpignano. Secondo una oscura tabella di marcia doveva essere pronto nell’estate del 2008. C’erano pure una ventina di milioni finanziati da Agensud, ma i lavori non sono mai iniziati. Ne è venuto fuori un paludoso contenzioso legale.

Che dire del raddoppio del ponte Corleone. Inizio lavori nel 2007, un anno dopo rescissione del contratto per inadempienza dell’impresa e avvio del contenzioso. Nel frattempo il ponte è stato giudicato pericoloso: restrizione della carreggiata, limite di velocità e inferno quotidiano per i palermitani.

Dalla terraferma un gradino più in basso, le fognature. Bisogna andare indietro nel tempo per trovare le origini del progetto del collettore Sud orientale. Sette chilometri di fognature che dovevano attraversare la città, dal rione Uditore ad Acqua dei Corsari. Se ne parla dagli anni Novanta. Ufficialmente il cantiere, iniziato e mai finito, è stato aperto nel 2005. Varianti, inadempienze delle imprese, ricorsi in sede civile: i lavoro sono fermi al 40%. Lentezza della burocrazia e della giustizia: un mix insuperabile. Quando parte un cantiere a Palermo si sa già come andrà a finire e cioè che non finirà.

Più in giù c’è il mare, o meglio l’acqua come quella che doveva riempire le grandi vasche dell’acquario di Palermo. Com’era bello il progetto presentato nel 2014 dal sindaco Leoluca Orlando. Tutti pronti a fare la propria parte, dagli industriali ai colossi delle cooperative, per costruire alla Bandita una struttura da fare invidia all’acquario di Genova. Il progetto ha fatto acqua, nel senso negativo del termine.

Cosa c’è ancora più giù? La nuda terra dove si seppelliscono i defunti. Confine fra il mondo dei vivi e l’aldilà. A Palermo non si può neanche morire. Non ci sono sepolture. Da decenni si parla di costruire un nuovo cimitero. Solo chiacchiere, però magari un giorno saliremo a Montepellegrino in funivia o percorreremo la pista ciclabile dello Stretto di Messina. I siciliani siano fiduciosi.


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