Lo skipper sulla barca del sindaco| Cammarata, condanna definitiva - Live Sicilia

Lo skipper sulla barca del sindaco| Cammarata, condanna definitiva

Diego Cammarata

L'ex primo cittadino di Palermo era imputato per truffa. Pena sospesa.

PALERMO – La condanna a due anni per Diego Cammarata diventa definitiva. La Cassazione ha confermato la sentenza d’appello per la vicenda dello skipper. L’ex sindaco beneficia della sospensione condizionale della pena. Un anno e tre mesi per Franco Alioto, l’ex dipendente della Gesip che si occupava dell’imbarcazione. Regge, dunque, fino all’ultimo grado di giudizio l’accusa di truffa, mentre in secondo grado era già caduta l’ipotesi di abuso d’ufficio che aveva reso meno pesante la condanna, da tre a due anni.

La vicenda dello skipper saltò fuori nel settembre 2009 grazie alle telecamere di Striscia la notizia. Il tg satirico scoprì che i figli di Cammarata erano proprietari di una barca ormeggiata nel porticciolo dell’Acquasanta. Ad occuparsi dell’imbarcazione era Alioto che di mestiere doveva fare l’operaio della Gesip. Per stare a bordo si assentava dal posto di lavoro. E così Cammarata e Alioto finirono sotto processo.

Alioto, impiegato nella sede di Casa Naura, all’interno del parco della Favorita, era stato filmato mentre prendeva accordi con i clienti per noleggiare la barca a professionisti e imprenditori, stimati e conosciuti in città. Alcuni avevano confermato in aula la ricostruzione dell’allora pubblico ministero Laura Vaccaro. Gli agenti della sezione reati contro la pubblica amministrazione della Squadra mobile trovarono due fogli firma di Alioto in quei giorni di luglio del 2009. In uno risultava presente, nell’altro c’era la richiesta di ferie non firmata dal dirigente.

“Andavo sulla barca solo quando finivo di lavorare o con permessi. Non sono un assenteista”, si è sempre difeso Alioto. Cammarata, dal canto suo, ha sempre scelto di non rilasciare dichiarazioni sulla vicenda per rispetto nei confronti della magistratura anche se ha sempre respinto con forza l’ipotesi accusatoria. I suoi legali hanno sempre contestato la sentenza che si basava sul principio che “Cammarata non poteva non sapere” che Alioto si assentasse dal posto di lavoro. Peraltro il suo sarebbe stato un concorso morale nel reato commesso da semplice cittadino e non da sindaco, visto che l’ipotesi di abuso d’ufficio è caduta.

 


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