Mario Monterosso, da Catania a Memphis: nel nome di Elvis VIDEO

Mario Monterosso, da Catania a Memphis: nel nome di Elvis VIDEO

Invitato ad aprire la cerimonia in onore di Priscilla Presley: vi raccontiamo la storia di un catanese che col suo talento innato ha conquistato un sogno.

CATANIA. Il viaggio di Mario Monterosso da Catania parte da lontano. Ed oggi abbiamo il piacere di raccontarvelo.

– Com’è stato lasciare Catania nel 2003?

Ho lasciato Catania  nel 2003, gennaio 2003, la sera del 15 gennaio 2003, lo ricordo bene, con la macchina imbarcata in questa nave da Catania a Napoli. Ricordo ancora i colori di questa Catania bellissima d’inverno, man mano che la nave lasciava il porto di Catania. Come ogni distacco, i sentimenti sono contrastanti. 
Da un lato c’è la malinconia, c’è la tristezza, c’è l’incertezza di lasciare qualcosa e qualcuno.
Dall’altro lato c’è l’eccitazione di andare incontro ad una nuova vita. 
Mi stavo trasferendo a Roma, quindi ero parecchio eccitato. Un po lo stesso sentimento che ho provato quando poi da Roma mi sono trasferito qui in America, a Memphis, nel Tennessee.
Ho scelto Memphis per una serie di motivi. In primis perchè sono cresciuto con il mito di Memphis, il mito musicale di Memphis. Ho sempre suonato la musica americana, ho sempre suonato la musica proveniente da questa città, sia che si trattava di blues, sia che si trattava di rockabilly. 
Quindi volevo in realtà conoscerne l’essenza, perché ritengo che oltre alle note ci sta qualcos’altro. 
La musica è specchio di una cultura, la musica è specchio di un luogo, la musica è essenza di una serie di cose che appartengono ad un posto ed è proprio questo che io volevo conoscere. 
L’ho suonata per tanti anni questa musica, volevo vivere quello che è, quello da cui proviene. 
Ecco perché ho deciso di venire qui e anche in rilevanza di un altro fatto che il giorno in cui ho messo piede in questa città, nel 2015, quando stavo in tour con Tav Falco, ho avvertito un senso d’appartenenza come se fossi in Sicilia.

– Un catanese che apre la serata di Gala in onore di Priscilla Presley a Memphis. Realtà e sogno sono andati in cortocircuito?

Da Catanese a Memphis, essere invitato ad aprire la cerimonia in onore di Priscilla Presley, in sua presenza, si capisce bene quale possa essere stato l’impatto dentro di me. Devo dire che il divario fra sogno e realtà, quindi la realizzazione di un sogno, quello che poi possiamo considerare fatto vero, non hanno fatto cortocircuito.
Posso dire che l’incredulità di essere lì ha lasciato spazio al piacere di essere lì stando attento a vivermi ogni piccola sfumatura di quell’evento, quindi a godere di ogni singola nota suonata dalla mia chitarra, vedere anche le facce delle persone presenti lì. Quindi, in un certo senso, quasi a volermi creare una fotografia privata dentro dentro di me, da conservare nel mio album personale, senza bisogno di condividerla con gli altri.
È stata un’esperienza bellissima. 
Tra l’altro quest’anno, proprio nell’anno in cui ricorre il quarantennale dell’apertura di Grey’s Land come museo aperto al pubblico proprio per volere di Priscilla. 

– Cosa rappresenta per te Elvis?

Credo che Elvis Presley abbia esercitato su di me lo stesso effetto che un supereroe fa su di un bimbo. Da un lato avevo l’aspetto musicale di Elvis Presley e dall’altro quello era il periodo in cui in Italia non ricordo se ogni pomeriggio o comunque spesso durante la settimana, o nel fine settimana,davano tutti film di Elvis Presley, di tutte quelle commedie fatte da lui, quelle commedie degli ‘60. Quindi un lato la musica, dall’altro lato avevo l’immagine di quest’uomo stiloso, protagonista di scena, sia musicalmente parlando, sia nel suo rapporto con le donne, nel suo essere sempre lì presente, ben vestito. Quindi una sorta di super eroe. L’immagine del rock and roll è una delle componenti essenziali e quindi per me poi venire a Memphis e vivere nei luoghi in cui Elvis ha iniziato la sua carriera per me in un certo senso, è stato come entrare nel set di quel film e non solo di diventarne attore, di esserne parte.

– Com’era la tua Catania a cavallo tra gli anni ‘70 e gli anni ‘80?

Catania della fine degli anni ‘70, la ricordo, così come la può ricordare un bambino, ero un bimbo, sei, sette anni,  fino ai primi  anni ‘80. Ovviamente ricordo la Catania degli anni ‘80 che era una città in grandissimo fermento, una grande dinamica rivolta a un cambiamento sociale che era perfettamente riscontrabile anche negli occhi delle persone. 
Ovviamente la musica faceva da specchio a questo cambiamento. Quelli erano gli anni della Catania dei Denovo, dei  Boppin’ Kids, dei Ramblers, io che suonavo con i RinoRockers, una Carmen Consoli ancora ragazzina, ci si incontrava in giro nei locali, c’era questa novità dei pub, di questi posti dove si poteva suonare musica, dove si poteva stare fino a tardi.
Grande dinamismo: lo ricorderò per sempre! 
Credo che ci vorranno ancora degli anni prima che si arrivi a una dimensione di quel tipo. 

– Nel ‘68 Elvis cantava, con “If I can dream”, “Se posso sognare una terra migliore, dove tutti i miei fratelli camminano mano nella mano, dimmi perché il mio sogno non può diventare realtà?”.  I capi di stato di oggi dovrebbero ascoltare più musica secondo te?

Elvis Presley nel 68, proprio durante quello show, Comeback Special del ‘68, con “If I can dream”, diede un grande messaggio, un messaggio di grandissimo impatto sociale.
Quelli erano anni un pò particolari, di grande ribellione, di rivoluzione sociale, che un po è la stessa cosa che in certi posti sta accadendo oggi. Quindi, in un certo senso, a distanza di quasi sessant’anni, nulla è cambiato. Sorrido perché proprio quell’anno lì, anzi, un anno dopo, nel ‘69, Bobby Darin, altro grandissimo artista che mi piace tanto, scrisse un brano simbolo, “Simple Song Of Freedom”.
Sto lavorando a un progetto di supporto all’Ucraina ed ho ripreso proprio quel brano lì, che ho riregistrato,  recita nell’ultima strofa che a certa gente, in particolar modo primi ministri e presidenti, a volte piace fare la guerra, e spesso  a spese della povera gente. 
Se la domanda è che magari sarebbe meglio che spendessero più tempo a cantare le canzoni, si, sarebbe auspicabile.

– Chi è Eddie Redmount e chi è invece Mario Monterosso?

Mi chiedi chi è di Eddie Redmond? Poi mi chiedi chi è Mario Monterosso, ed io ti rispondo che Eddie Redmountè è Mario Monterosso e Mario Monterosso è Eddie Redmount.


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