Omicidio di Elena, la drammatica confessione della mamma - Live Sicilia

“Una forza mai avuta”, la drammatica confessione

Parla il legale di Martina Patti, la mamma che ha ucciso la piccola Elena
L'OMICIDIO DELLA PICCOLA ELENA
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CATANIA – Martina Patti ha trascorso la prima notte in carcere. A Piazza Lanza. In isolamento e sorvegliata. La giovane mamma, 24 anni, che ha confessato l’omicidio della figlia Elena dopo aver denunciato un finto rapimento, è stata fermata dopo il decreto firmato dalla procura di Catania guidata da Carmelo Zuccaro. “È stato un interrogatorio drammatico. Interrotto molte volte dai pianti”, spiega il difensore, l’avvocato Gabriele Celesti. “Ho visto una donna scossa, sconvolta e stravolta. Non mi apparsa la Medea che hanno descritto”, dice ancora Celesti. “Quello che è accaduto è un fatto aberrante e gravissimo. È una tragedia che ha distrutto due famiglie, quella della mia assistita e quella del papà. I genitori di Martina hanno perso la nipotina che era il centro del loro mondo, ma hanno anche perso, nei fatti, una figlia. La mia assistita sta acquistando consapevolezza con il fatto che non ha distrutto solo la sua vita, ma anche quella della sua famiglia e del suo ex compagno. Elena era una nipotina adorata dai nonni materni. A casa dei nonni aveva la sua stanza, i suoi giochi. Questa è un dramma familiare – aggiunge – che coinvolge tutti. Queste due famiglie saranno segnate per sempre”. 

“Sono stata io”

La prima persona a cui Martina ha detto “sono stata io, l’ho uccisa” è stato suo papà. “È stato ieri mattina quando i carabinieri stavano per andare a fare il sopralluogo nell’abitazione che è stata poi sequestrata, che la mia assistita si è confidata con suo padre. Che naturalmente lo ha immediatamente riferito ai carabinieri”, spiega l’avvocato Gabriele Celesti. Quello è stato il momento cruciale dell’indagine. La mamma ha portato i carabinieri nel latifondo dove dichiara di aver colpito con un coltello da cucina Elena, poi di averla messa nei sacchi neri e di averla seppellita. Era un campo dove Martina Patti andava a raccogliere asparagi e verdure. Un pezzo di sciara selvatica a poche centinaia di metri dalla villetta di Via Euclide. “Non ha saputo spiegare il motivo del gesto. Anche quando raccontava la dinamica non aveva dei ricordi precisi. Ricorda di avere usato un coltello”, dichiara Celesti. L’arma del delitto però non è stata ancora trovata. E le indagini che stanno continuando serviranno anche a questo. Oltre a approfondire elementi che sono emersi anche durante l’interrogatorio con la pm Assunta Musella e l’aggiunto Marisa Scavo.

“Una forza che non credeva di avere”

Lunedì pomeriggio alle 13,30 è andata a prendere la bimba all’asilo. Quando sono arrivate a casa, Martina ha detto agli investigatori che Elena “ha voluto mangiare il budino e poi ha guardato i cartoni animati dallo smartphone”. Poi mamma e figlia si sono preparate, dovevano uscire per andare da un parente. Durante il tragitto “il programma è cambiato”. La decisione di fare del male alla piccola di cinque anni però sarebbe stata già nella testa di Martina perché nell’auto aveva i cinque sacchi neri dentro cui ha nascosto il corpicino della bimba. “Non l’ha saputo spiegare. Ha detto di essere come annebbiata – spiega l’avvocato – ha riferito di avere avuto una forza che non credeva di avere”. Martina Patti ha coperto il cadavere con la terra lavica aiutandosi con una zappa che gli investigatori hanno trovato lì vicino alla fossa. Poi è stato denunciato il finto rapimento. “Ha cercato una via d’uscita. Non c’è una giustificazione logica. È un atto che nasce dalla disperazione. Anche perché credo che se fosse stata una messa in scena costruita sarebbe durata molto di più e non poche ore come è stato”.

Sulla premeditazione e il movente della gelosia, l’avvocato Celesti evidenzia che sono “ipotesi avanzate dalla Procura, che però devono essere ancora tutte confermate”. Il difensore ha già deciso di nominare il professore Nino Petralia come consulenza per avere una perizia e “quindi valutare se ci siano dei profili di natura psichiatrica” su cui procedere. 


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