Palermo, il tavolo, i dolci, le condanne: stroncata la nuova cupola

Il tavolo, i dolci, le condanne: stroncata la nuova cupola FOTO

I retroscena e i volti degli imputati del processo d'appello

PALERMO – “… sono salito al primo piano… ha bussato… qualcuno ha aperto”: iniziava così il racconto della riunione della nuova cupola. Ne parlava uno che, il 29 maggio 2018, era seduto al tavolo dei potenti: Francesco Colletti, boss di Villabate.

Ieri la Corte di appello ha emesso il verdetto su una delle stagioni più importanti della recente Cosa Nostra.

Colletti è stato il primo a pentirsi, seguito pochi giorni dopo da Filippo Bisconti, uomo forte a Belmonte Mezzagno. Il loro arresto ha segnato “il fallimento di un progetto” e al contempo “l’assenza di un futuro”. Senza futuro “mafioso” hanno preferito collaborare.

Il primo risultato è stato l’arresto di Calogero Lo Piccolo e Leandro Greco. C’erano anche loro alla riunione della cupola, il primo come capo mandamento di Tommaso Natale e il secondo di Ciaculli.

Fu Greco a invitare Colletti alla riunione “dove dovevano partecipare i capi mandamento di Palermo”. Gli fu dato appuntamento in viale Michelangelo, dove “venne un motore ed era Sirchia Giovanni”. Da lì si spostarono a Baida, in un luogo che Colletti non ha saputo indicare. Era una “casa abitata, molto vecchia, mobili vecchi”. Al primo piano “c’era un tavolo imbandito con dei dolci… ho trovato Mineo seduto, Greco Michele, che era già a tavola, Di Giovanni… dopo una mezzoretta è venuto Lo Piccolo Calogero”.

Discussero di regole mafiose: “… dopo che ci siamo conosciuti abbiamo parlato di regole… se qualcuno di qualsiasi mandamento, dico anche uomo d’onore stesso, mi avesse fatto qualche discorso dovevo io rispondere che… parlane con il tuo capo e fai venire il tuo capo a parlare con me, non parlare direttamente tu con me. Le regole erano che i discorsi tra mandamenti ce li dovevamo fare solo noialtri… il Mineo Settimo ha parlato di queste situazioni; il Greco Michele prendeva spesso parola dicendo che dobbiamo fare le cose serie, dobbiamo organizzarci in modo che solo noi che ci riuniamo e ci riuniremo dobbiamo sapere le cose. Queste erano le regole principali”.

Accadde, però, un imprevisto: “Si aspettava il Bisconti Filippo che doveva essere lì nello stesso orario… siamo stati un paio d’ore ad aspettare”. Il boss di Belmonte Mezzagno non si presentò all’appuntamento. Eppure era una presenza decisiva visto che rappresentava “tutti i paesi”, i mandamenti della provincia di Palermo: “… a settembre dovevamo rivederci tutti quanti, quindi anche il Bisconti, quindi altri mandamenti, se si erano sistemati, gente di paese, se si erano sistemati, Corleone, poteva essere Partinico, San Giuseppe Jato ed altri paesi. Comunque i paesi della Sicilia, della provincia di Palermo, non della Sicilia, della provincia di Palermo, è importante”.

Successivamente Bisconti si giustificò con Colletti dicendo che temeva di essere pedinato. Era una scusa come lui stesso ha ammesso, perché nel frattempo Biscionti aveva deciso, pure lui, di pentirsi. Si è reso conto che si era creato un asse fra Greco, Di Giovanni, Mineo e Lo Piccolo. I palermitani volevano relegare i mafiosi della provincia a un ruolo secondario.

E Greco, forte della parentela con il nonno, il ‘papa’ della mafia, aveva il carisma per guidarla. “… stu ragazzino si è messo in testa che doveva essere capo di questa commissione”, ha detto Colletti. Se ne discusse in un magazzino nei presi della chiesa della Magione, a Palermo.

Colletti ha spiegato che “c’erano Di Giovanni Gregorio e… Michele Greco, Pispicia (Salvatore Picpicia, di Porta Nuova, pure lui arrestato il mese scorso ndr)… Bisconti Filippo e Sciarabba (Salvatore Sciarabba, anziano boss di Belmonte Mezzagno, arrestato nello stesso blitz con Colletti, Bisconti, Mineo e Di Giovanni ndr). “Si sono un pochino incavolati… il Greco con il Bisconti, ma il Bisconti ha fatto valere le ragioni dicendo che tutti, tutti quanti abbiamo il diritto e il dovere di presenziare in questa riunione, in queste riunioni se si è capo mandamento. Di Giovanni Gregorio era d’accordo col Bisconti su questo punto che stiamo parlando, solo su questo punto… e quindi si è chiusa la discussione nel senso che tutti i capi mandamento..”.

Fu stabilito che dovevano rivedersi a settembre, ma la riunione “… si è rinviata… a me mi è stato detto dal Bisconti secondo me perché si aspettava che delle persone si stavano sistemando… avevo sentito però, questa è una cosa che avevo sentito io, che proprio si stavano sistemando con… dei Sansone si stavano sistemando pure.. credo che questi dovrebbero essere Uditore”. La riorganizzazione di Cosa Nostra era partita a Palermo e in provincia. La Procura di Palermo e i carabinieri la stopparono.

Guarda le FOTO dei boss BRACCATI e SPIATI dai carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale di Palermo.


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