Palermo: concessionarie, ville, un pastificio. Confisca da 26 milioni

Concessionarie, ville e un pastificio: mafia, confisca per un imprenditore

I beni di Rosario Castello valgono 26 milioni di euro

PALERMO – La mafia ha spinto la scalata imprenditoriale di Rosario Castello, 72 anni, titolare della “Zeus Car” e proprietario di un patrimonio stimato in 26 milioni di euro che passa per sempre al patrimonio dello Stato.

La sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della Procura della Repubblica di Palermo, ha emesso il decreto di confisca reso definitivo dalla Corte di Cassazione.

Fanno parte dei beni la Castello Immobiliare srl di via Terrasanta, la Zeuscar di via Messina Marine, la New Zeuscar di viale Regione Siciliana (oggi prosegue l’attività in amministrazione giudiziaria), due ville a Poggio Ridente, tre fabbricati commerciali nelle vie Pomara, Giulio Cesare e Walter Tobagi a Villabate, un fabbricato commerciale in viale Regione Siciliana a Palermo, quindici rapporti bancari e finanziari.

C’è pure un ex pastificio

A Villabate, suo paese di origine, Castello aveva acquistato la fabbrica di un ex pastificio industriale. I finanzieri del Gico del Nucleo di polizia economico-finanziaria hanno analizzato i patrimonio di Castello. Nel 1998 è stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.

Le macchine per i boss

Sue erano le macchine “pulite” su cui si muoveva il boss di corso dei Mille, Lorenzo Tinnirello, quando era ancora latitante. Nella concessionaria in via Messina Marine si svolgevano summit fra gli uomini d’onore. Di Castello hanno parlato diversi collaboratori di giustizia: Emanuele e Pasquale Di Filippo, Giovanni Drago, Pietro Romeo, Salvatore Spataro e Agostino Trombetta.

Sproporzione economica

Le fiamme gialle hanno rilevato “un’evidente sproporzione tra i redditi dichiarati e le numerose acquisizioni patrimoniali e societarie effettuate nel tempo dal complessivo nucleo familiare di Castello”.

Secondo i finanzieri, “le disponibilità economiche accertate non erano idonee a consentire la realizzazione degli investimenti, tanto da fare supporre che il gruppo imprenditoriale sia stato finanziato, almeno in parte, con proventi derivanti dall’attività delittuosa”.


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