Salvatore e Samuel, quei ragazzi dello Zen

Quei ragazzi dello Zen di Palermo

Commenti

    Con queste poche righe Puglisi centra il cuore del problema. Se fosse possibile articolo da premio Pulitzer.

    Articolo ben scritto sul piano formale, ma povero di sostanza. Tanta retorica, molte immagini suggestive, e zero analisi. Si resta nel vago, tra frasi ad effetto e dicotomie abusate (ragazzi cattivi / ragazzi buoni dello Zen), senza approfondire nulla: né le cause del degrado, né il contesto sociale, né il ruolo delle istituzioni. Sembra più un esercizio di stile giornalistico che un tentativo di comprendere e spiegare ciò che è accaduto. A tratti, pare quasi che la forma sia stata scelta per evitare il merito. Un’occasione sprecata.

    Dopo il Papa Greco proprio non ci manca il Papa dello Zen. Ci accontenteremmo che quei giovani tenessero in mano una zappa o dei guantoni da box, non una pistola. E che tutti potessero studiare e i migliori eccellere. La terra, lo sport, lo studio, a prescindere dai risultati, sono una palestra per la vita. Ma c’è un problema. La nostra è una società che prova interesse, in questo caso per lo Zen, dopo una tragedia; a cose fatte, insomma, mai prima. A cominciare da chi a diverso titolo ci governa per finire ad ognuno di noi. Lo Stato non può limitarsi a punire, perché chi mette mani a coltelli e pistole, anzi chi da casa ci esce armato se ne… frega delle punizioni, pensa sempre di essere furbo e a suo modo potente. Bisogna cercare di prevenire, bisogna cominciare con i bambini di 5-6 anni ad “insegnare loro la vita”. Lo Stato investa In giovani, scuola, asili nido e altre agevolazioni per aiutare donne che lavorano, che siano mamme o no, quindi le famiglie indigenti.
    E noi che non abbiamo più 6 anni? Buttiamoci nel sociale, sarà dura, ci insegnerà qualcosa, potremo dare qualcosa, ma speriamo di farcela tutti assieme.

    CI VUOLE UN INTERVENTO DELLE ISTITUZIONI CONCRETO. NON BASTA INVESTIRE SE POI NON SI FA BUON USO DELLE RISORSE

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