Sicilia, conto alla rovescia per il voto in una terra arrabbiata

Sicilia, conto alla rovescia per il voto in una terra arrabbiata

Chi può vincere e chi può perdere. La sfida per Palazzo d'Orleans è aperta.

In Sicilia, come altrove, forse più che altrove, è la rabbia il vestito vecchio e sempre nuovo da indossare per il ricevimento elettorale. Sentimento distruttivo, ma comprensibile. Se devi pagare migliaia di euro di bollette, se non sai dove sbattere la testa per l’affitto, se le notti sono minacciate da incubi di povertà e disagi, tutti quei nobilissimi interventi della politica rimbombano come un vacuo chiacchiericcio. Ma la rabbia è anche la caratteristica di chi si sfida. Ne è la prova l’ultimo virtuale faccia a faccia tra il pentastellato Giuseppe Conte e il renziano Matteo Renzi che, intorno al reddito di cittadinanza, hanno dato vita a una polemica senza esclusione di colpi.

D’altra parte, questa è l’elezione in cui Cateno De Luca – a prescindere dal risultato che otterrà – si è già imposto come personaggio, proprio scommettendo sulla scontentezza, sull’ira socialmente diffusa, sul brontolio dello stomaco vuoto che accetta soltanto risposte concrete, oppure intraprende la via del ‘vaffa’ per sfogarsi. Lo stesso De Luca, in una intervista con LiveSicilia.it, ha affermato di potere contare sul voto ‘parallelo’, cioè disgiunto del centrodestra. Una trovata che ha mandato in fibrillazione gli eserciti di Renato Schifani e che è stata rispedita al mittente da Gianfranco Miccichè, ancora in una chiacchierata per LiveSicilia, con un secco: “Ma quale partito parallelo, ma quale voto disgiunto, mi farebbero un tso se sostenessi De Luca”.

Lo stesso Miccichè, tuttavia, introduce un altro elemento d’incertezza: “Siamo compatti con Schifani per vincere, forse quelli di Musumeci potrebbero avere interesse a dimostrare che senza di lui si perde”. Sarà davvero così? Renato Schifani, candidato dal centrodestra dopo mesi di furente polemica sulla candidatura bis di Nello Musumeci, appena pochi giorni fa, a Catania, ha tessuto l’elogio pubblico del predecessore. Mossa che si può pure leggere alla luce del tentativo di ricompattare lo schieramento, per evitare che certi consensi manchino.

Un risultato, quello dell’unità, probabilmente sostenuto dall‘election day. Il vento meloniano, da molti considerato ineluttabile, potrebbe favorire ogni ricucitura, con l’ago di un potere da dividere. La presenza della stessa Giorgia Meloni a Palermo, martedì prossimo, sembra dimostrare due cose. La voglia di chiudere la partita e la centralità ritrovata della capitale, dopo anni in cui il Musumecismo aveva spostato a Catania il baricentro di molti rapporti politici.

In una terra percossa dalla rabbia, a una settimana dal voto, la gara resta comunque in bilico. Caterina Chinnici, candidata progressista, dopo la separazione dai grillini, ha proseguito nella sua andatura cauta, senza cambiare nulla, lasciando il palcoscenico delle polemiche ad altri e confidando in un ritorno di voti degli elettori stanchi delle risse. Il pentastellato Nuccio Di Paola invita a guardare oltre il reddito di cittadinanza. Il competitor terzopolista – e assessore del governo Musumeci – Gaetano Armao, sprizza ottimismo. La sicilianista Eliana Esposito conduce la sua onesta tenzone da outsider. Tra poco più di una settimana sapremo chi sarà al timone della Sicilia e dei suoi immani problemi. In confronto, questa ruvida campagna elettorale parrà una gita. (Roberto Puglisi)


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