Covid, 9 mila assunti: futuro incerto - Live Sicilia

Il futuro dei 9mila precari Covid: incrocio pericoloso con le elezioni

Sono medici, infermieri e personale amministrativo

PALERMO – Novemila precari Covid in scadenza di contratto. Le legittime aspirazioni dei lavoratori di essere stabilizzati si potrebbe scontrare il 31 marzo prossimo con l’eventuale fine dello stato di emergenza per la pandemia.

Il virus rallenta

Non tutte le figure professionali reclutate finora in Sicilia saranno necessarie nei mesi a venire e speriamo non lo siano più. Rappresenterebbe la sconfitta del virus. Cosa ne sarà dei lavoratori in una sanità che malandata lo era già prima del Coronavirus?

C’è variabile che in Sicilia tanto variabile non è. Il tema dei precari si incrocia da sempre con le campagne elettorali. In una terra affamata di lavoro il rischio strumentalizzazione è concreto.

Il primo passaggio spetta alla Regione che a breve dovrà capire quanto personale continua a essere necessario per tenere in piedi la macchina Covid di fronte a un virus che ha rallentato, ma che ancora circola in mezzo a noi. Tamponi, vaccini e tracciamenti restano necessari, ma non col stesso spiegamento di forze del passato. E poi ci sono gli specializzandi che stanno garantendo la funzionalità degli ospedali. Per loro si profila un rinnovo contrattuale.

La norma nazionale

Sulla stabilizzazione futura innanzitutto va fatta una distinzione fra il personale sanitario e quello amministrativo. Per medici e infermieri c’è giù una norma nazionale che consente alle aziende sanitarie e agli ospedali, dal primo luglio 2022 al 31 dicembre 2023, di poter “assumere a tempo indeterminato il personale a tempo determinato reclutato per l’emergenza Covid che abbia maturato almeno 18 mesi anche non continuativi, di cui almeno sei mesi tra il 31 gennaio 2020 e il 30 giugno 2022”.

Le assunzioni, però, non sono immediate. Bisogna analizzare le piante organiche, fare una ricognizione su quante figure servano, valutare se ci siano già dei precari da stabilizzare o percorsi di mobilità. Soprattutto serve la copertura finanziaria per le assunzioni. Di sicuro, però, i vuoti di organico sono reali.

Questione amministrativi

Più complicata la questione degli amministrativi. Non ci sono posti vacanti a sufficienza per accontentare i duemila reclutati. E in ogni caso le stabilizzazioni non sono e non possono essere automatiche. Non basta un click day – è così che sono stati reclutati – per entrare nella macchina della pubblica amministrazione.

Serve un concorso come per altro aveva detto a Livesicilia lo scorso luglio l’assessore alla Sanità Ruggero Razza. “Ci vogliono i concorsi perché l’emergenza non generi nuove sacche di incertezza del diritto e di clientelismo infinito”, aveva rilanciato il presidente della Commissione regionale antimafia Claudio Fava.

I concorsi come unica strada maestra per evitare la formazione di una nuova sacca di precari. Un film già visto, che non va replicato, ad esempio per gli Lsu, i lavoratori socialmente utili. Nel contempo è innegabile che anche gli amministrativi hanno maturato una esperienza preziosa che non va dispersa.

Due possibilità

Ed ecco profilarsi due possibilità per gli amministrativi: valorizzare il lavoro fin qui svolto assegnando ad esso un punteggio oppure pensare ad una quota di riserva sempre e comunque nel contesto di un concorso pubblico.

“La necessità di questo personale non finirà certamente con la conclusione dello stato di emergenza – ha detto a metà febbraio l’assessore Razza rispondendo a una interrogazione all’Ars – Ecco perché stiamo lavorando in Conferenza Stato-Regioni, così come sarà necessario nell’ambito dell’accordo con lo Stato sui fondi del Pnrr per la sanità stabilire le esigenze di copertura degli organici”.

Quale percorso sarà intrapreso è ancora presto per dirlo, ma va chiarito in fretta per evitare l’incrocio pericoloso con la campagna elettorale. Il tema dei precari della sanità è fra i più caldi, come dimostrano gli interventi che si susseguono dei deputati e delle forze sindacali.


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