Trattativa, teorema Genchi: 'Le verità che nessuno dice' VIDEO - Live Sicilia

Trattativa, teorema Genchi: ‘Le verità che nessuno dice’ VIDEO

Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, la sentenza trattativa. Intervista a Gioacchino Genchi
DOPO LA SENTENZA
di
8 min di lettura

PALERMO – Dal cuore dell’ufficio di Giovanni Falcone, col quale ha collaborato, ha imparato a conoscere equilibri e dinamiche degli assetti che reggono il potere non solo istituzionale a Palermo e nello Stato. Gioacchino Genchi, oggi avvocato, ieri vice questore aggiunto ed esperto informatico ripercorre gli anni più caldi delle Stragi, partendo dall’ultima sentenza, che ha smontato il teorema della “trattativa”, a partire dal coinvolgimento degli imputati assolti (I NOMI). Lo abbiamo intervistato.

Avvocato, cosa ne pensa della sentenza e del processo sulla “trattativa Stato – mafia”?

“Molti si trincerano dietro la considerazione che bisogna leggere le motivazioni. Io ritengo che non bisogni leggere assolutamente nulla. Le motivazioni rilevano quando di un fatto si vuole approfondire il merito. Qui siamo sotto il profilo dell’assurdità giuridica di un capo di imputazione, indipendentemente dai fatti che saranno sicuramente più gravi, per le porcherie commesse in quegli anni anche da apparati dello Stato e dalla politica, il dato certo è che il capo di imputazione è assolutamente inconferente rispetto a quei fatti, che andavano ricondotti nell’ambito dei depistaggi. I depistaggi ci sono stati, li hanno fatti i poliziotti, i magistrati, che grazie a quei depistaggi hanno fatto pure carriera, quindi non capisco perché si vada a processare solo una parte più debole dello Stato e si lasci stare quella protagonista delle principali malefatte. È la logica dei coccodrilli che si mangiano quelli più piccoli, il sistema giudiziario è fatto così. Io sono stato pure fagocitato, ci hanno tentato, ma sono riuscito a svincolarmi dalle fauci di questo sistema”.

Le “porcherie”

“Insomma, che ci siano state porcherie nella mancata cattura di Bernardo Provenzano, nella mancata perquisizione del covo di Riina, questo lo sanno pure i muri a Palermo, non solo gli addetti ai lavori. E quando, dopo la famosa mancata perquisizione del covo di Riina, si bisbigliava e non solo nei corridoi della Procura, io ancora ricordo di una famosa cena che molti palermitani hanno visto, che è pure documentata nei servizi di scorta, tra Caselli e Mori. Ora qualcuno deve spiegarmi, se Mori è considerato infedele, il Procuratore Capo di Palermo non doveva sicuramente andarci a cena.

Sono queste contraddizioni che mi fanno molto dubitare, quel capo di imputazione della trattativa non sta né in cielo né in terra. Questo è un sistema che cerca di emendarsi processando quelli più deboli”.

Cosa si ricorda di Giovanni Falcone?

“Io ebbi a sostenere, intervistato da Purgatori, ne sono fermamente convinto, che se Giovanni Falcone non fosse rimasto vittima nella Strage di Capaci, sono sicuro che sarebbe stato incriminato, lo avrebbero pure arrestato. Tra l’altro quello che gli successe da vivo, con le accuse al Csm, i processi nei cassetti, da parte di una certa antimafia, da parte di uomini che mistificando una finta antimafia hanno fatto carriere politiche e governano la città di Palermo nonostante i cumuli dell’immondizia, è questa la realtà, sono le cose di cui i giovani dovrebbero rendersi conto.

Tutto questo non si contrasta con finti processi, con dei finti capi di imputazione. Io sostenni nel 2014 che l’incriminazione fatta a Dell’Utri, nell’ambito della trattativa – e io ho contribuito alla sua condanna per concorso esterno con la mia consulenza che è stata ripresa nelle sentenze di merito e quindi non sono un suo amico – ma quell’imputazione sulla trattativa è totalmente assurda. Sarebbe stato come contestare a Dell’Utri il reato di pedofilia per avere costruito la casetta sull’albero nella sua villa”.

Ci sono state tante assoluzioni di peso. Cosa ne pensa?

“L’avere incriminato uomini politici per i quali non ho avuto alcuna ammirazione né compiacenza, per esempio, come Lillo Mannino, per esempio. Parliamo di uomini che sono stati ministri e parlamentari per anni e che erano i migliori amici di Giovanni Falcone, questo l’ho riscontrato nei contatti telefonici e nelle rubriche, negli incontri. Significa che quella persona impedì da democristiano, come può farlo un democristiano, che Ciancimino si impossessasse del governo dell’isola. Come può non tenersi conto di queste cose, di un uomo che è stato tra i migliori amici di Rocco Chinnici, di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino, come risulta documentato che prese le difese di queste persone, quando queste persone furono portate davanti al Csm da una certa cultura dell’antimafia. Eppure Mannino è mafioso e per una vita lo si processa, per una vita lo si tiene in galera e siccome non riesce a morire si continuano a fare i processi. E nonostante le assoluzioni ancora qualcuno ritiene…lo si può criticare per quello che ha fatto da democristiano, se ci sono eventuali reati contro la pubblica amministrazione, ma lo si lasci in pace”.

Andiamo a Mori

“Io non ho mai avuto rapporti con Mori, non è una persona alla quale mi ispiro. Ho conosciuto Subranni, ne ho apprezzato l’intelligenza, l’onestà, è un galantuomo, non riesco neanche a immaginare che Subranni sia stato responsabile delle cose per le quali è stato imputato e processato.

Ecco perché dico sinceramente che credo profondamente nella giustizia ma sono rimasto esterrefatto nel leggere quell’imputazione. Ma nella sentenza non c’è la verità reale”.

Qual è la verità che emerge dai fatti che lei ha conosciuto?

“La verità è che lo Stato, non solo le forze di polizia e giudiziarie, ha sicuramente fatto patti con la mafia. Questo è un dato certo, è ineguagliabile che ci sono stati dei cortocircuiti nel contrasto alla mafia. La stessa legislazione emergenziale che viene adottata è la reazione dello Stato a determinati gesti inconsulti. Quando uccidono Falcone viene varato il 41 bis, viene fatta una reazione ad ammorbidimenti precedenti, perché non c’era stata un’attenzione precedente”.

Quali sono gli esponenti che sono stati nella zona grigia?

“Il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Era spacciato come politico dopo essere stato Ministro dell’Interno, dopo quelle dichiarazioni che aveva fatto e che erano emerse quelle somme che venivano stanziate per vicende che riguardavano persone a lui vicino. Era spacciato. Come Presidente della Repubblica nel 1992 doveva essere eletto Giulio Andreotti, con la convergenza di socialisti, della Lega, e questo fu impedito dalla Strage che segnò una svolta nell’elezione del Capo dello Stato. La mafia, in raccordo con poteri eversivi e criminali ha determinato l’elezione del Presidente della Repubblica e su quello nessuno ha fatto un processo. Questo è il dato di fatto e si pensa di fare un processo, basato sul nulla, con un capo di imputazione che non è nemmeno corrispondente alla figura tipica che si vuole configurare come reato. Questo è il dato che rappresenta un obbrobrio giuridico mostruoso”.

Torniamo a Giovanni Falcone

“Giovanni Falcone è stato ostracizzato dai suoi colleghi. Eccetto che con Francesco Lo Voi, la moglie, Piero Grasso e Mario Alberighi non si sentiva con nessun magistrato. Aveva interrotto i rapporti con tutti i magistrati che poi hanno sfilato con la bara sulle spalle dietro il corteo funebre, piangendo e mettendo subito le foto con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nei loro studi, ma che avevano interrotto ogni tipo di rapporto. Non le parlo di quello che è accaduto a Borsellino, sotto certi aspetti è ancora più grave, ma questa è la realtà. Falcone è stato ucciso prima che dalla mafia dai suoi colleghi. Era un uomo lungimirante da un punto di vista politico, del quale non condivido il metodo, ovvero Martelli, ebbe la genialata di chiamarlo al Ministero, dopo i passi sbagliati che il partito socialista aveva fatto con alcune elezioni in Sicilia, il famoso congresso di Palermo con certe frange della mafia che avevano appoggiato i socialisti. E io con Falcone analizzavamo i dati dei seggi elettorali dell’Ucciardone per capire cosa fosse successo. Quando analizzammo il fenomeno dei primi attentati alle prime sezioni della Dc di Brancaccio, era la Dc di Mannino che veniva contestata. Questo è il dato che i signori della Procura della Repubblica di Palermo non hanno voluto capire, andando in contrasto con la storia, che è fatta da dati intangibili, dagli articoli del Gds, oltre che dai riscontri giudiziari. Ma si sono basati sulle dichiarazioni dei pentiti, come Brusca, che probabilmente non ha mai avuto in mano il telecomando”.

Sono delle verità che fanno venire i brividi

“Sicuramente non si può verificare su delle assurdità una sentenza di condanna. I magistrati che hanno fatto questo processo, persone perbene, hanno dimostrato che un sistema può permettere degli errori al suo interno può trovare le risposte e questo mi dà fiducia nella giustizia.

Il magistrato può anche sbagliare, il pm può essere prevenuto ma alla fine la verità si afferma”.

Paolo Borsellino

“Paolo Borsellino è probabilmente quello che ha pagato più da “innocente” perché, se vogliamo, Giovanni Falcone era appartenuto a un sistema nel momento in cui era andato al governo, con quella che era una compagine politica che contrastava mani pulite. Paolo Borsellino aveva fatto solo il magistrato, se vogliamo con la sua modestia, senso di giustizia di un uomo buono, che non meritava di morire come è morto”.

C’è qualche parola che le è rimasta impressa di questi magistrati uccisi?

“Un’espressione di Giovanni Falcone, quando gli feci notare una serie di assurdità per una vicenda ricostruita in modo errato in una inchiesta giudiziaria importante su un uomo politico. C’erano certe valutazioni della sinistra pseudoperbenista e mi ricordo quello che mi disse Falcone: “Caro dott Genchi io ho più paura dei miei colleghi che credono di aver vinto il concorso per Dio, che della mafia”. Ed è un’espressione che non ho mai dimenticato e mi fa riflettere quando sento pontificare dei magistrati che vedo pontificare credendo di essere il verbo. La giustizia è perenne ricerca della verità, se un magistrato pensa di essere depositario della verità è fuori strada”.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI