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LiveSicilia.it / Cronaca / Mafia imprenditoriale, 26 indagati: investimenti al Nord

Mafia imprenditoriale, 26 indagati: investimenti al Nord

Nel mirino attività imprenditoriali in Sicilia, Veneto e Lombardia. In aggiornamento
CATANIA
di Antonio Condorelli
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CATANIA – Mafia, un fiume di soldi, un sistema accurato di intestazioni per eludere la normativa. Sullo sfondo attività imprenditoriali in Sicilia, Veneto e Lombardia, tutto sotto l’ombra del famigerato clan Laudani.

L’inchiesta

Ferrari, orologi di lusso, un fiume di contanti e un articolato sistema di scatole cinesi per gestire società milionarie. Duro colpo al ramo imprenditoriale del clan Scalisi – Laudani da parte della Guardia di finanza. Un’inchiesta poderosa, con lo Scico di Roma ha ricostruito quei vasi comunicanti tra Sicilia, Lombardi e Veneto, sulla rotta della mafia.

L’odore dei soldi

Altro che pecore e cicoria. Nel cuore della provincia di Catania i boss sfrecciavano con le Ferrari, le Audi Q8, con orologi di lusso e, in tasca, fiumi di contanti. Questa volta niente droga, la mafia aveva fatto il salto di livello e la finanza ha scoperto ogni particolare.

Il filo sottile

Affari e poche parole. Le Fiamme gialle hanno ricostruito gli investimenti del boss Giuseppe Scarvaglieri, detenuto al 41 bis, attraverso le attività del nipote Salvatore Calcagno e di Antonio e Francesco Siverino. Il sistema di gestione delle società si basava su prestanome.

A carico dei Siverino, il Gip ha condiviso la configurabilità del concorso esterno e ha confermato la ricostruzione della Procura, con 26 indagati, a vario titolo, per associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori per eludere la normativa antimafia. Cinque sono gli arrestati e a carico di tutti e 26 sono state sequestrate quote societarie di 17 imprese, che operano tra Sicilia, Lombardia e Veneto. Sigilli anche a 48 beni immobili per un valore complessivo di 50milioni di euro.

Il commento del Procuratore Zuccaro

Carmelo Zuccaro, Procuratore di Catania

“Desidero sottolineare – dice il Procuratore Carmelo Zuccaro a LiveSicilia – che l’importante operazione condotta dalla Dda con il prezioso apporto della Gdf evidenzia la grande capacità dei sodalizi mafiosi di procurarsi somme di denaro particolarmente ingenti che, affidate a persone di fiducia, vengono immesse nei circuiti economici condizionandoli pesantemente, tanto più in questo periodo di crisi, sicche’ a questo tipo di indagini va data assoluta priorità dalla nostra Procura per evitare danni ancora maggiori alla legalità del nostro sistema economico e alla sua capacità di ripresa”.

Le perquisizioni

I finanzieri hanno sequestrato un milione di euro in contanti, orologi, preziosi e auto di lusso: due Porsche, un’Audio Q8 e una Ferrari.

Gli inquirenti hanno accertato “la forte capacità del gruppo mafioso di inserirsi nel tessuto economico-sociale e di infiltrarsi in strutture produttive attive sull’intero territorio nazionale e con sede nel Nord-Est, dalle quali traeva poi finanziamento”.

Ordini dal carcere

Il boss Scarvaglieri, anche dal carcere, rappresentava “il punto di riferimento dell’associazione criminale” dirigendo, anche nel corso dei “colloqui”, l’attività del clan.

Anello di congiunzione col mondo esterno era il bipote del boss, Salvatore Calcagno, che è stato riconosciuto come portavoce dello zio sul territorio, con il compito di supervisore degli investimenti.

Coinvolti imprenditori

Il Gico del nucleo di polizia economico finanziaria di Catania ipotizza l’accusa di concorso esterno a carico di Antonio Siverino, detto “U miliardario” e del figlio Francesco, che avrebbero “sistematicamente operato a favore di Scarvaglieri”.

Gli imprenditori, noti nel settore della logistica, avrebbero occultato il patrimonio del boss “grazie a plurime intestazioni fittizie di beni e società illecitamente acquisiti dallo stesso Scarvaglieri”.

L’autotrasportatore

Altra figura di spicco è quella di Antonino Calcagno, detto Balalla, “importante riferimento dell’associazione criminale di Adrano, Paternò e Biancavilla”, attivo nel settore dei trasporti .

Le misure

Il Gip, su richiesta della Procura guidata da Carmelo Zuccaro, ha disposto la custodia cautelare in carcere nei confronti di Antonino e Salvatore Calcagno, con l’accusa di associazione mafiosa, contestando l’aggravante di aver finanziato il clan Scalisi.

Antonino e Francesco Siverino sono accusati di concorso esterno, “avendo agevolato, sotto il profilo economico e finanziario, il clan Scalisi di Adrano. Sono 17 gli espisodi di trasferimento fraudolento dei beni contestati ai Severino. Inquisito anche il boss, Giuseppe Scarvaglieri, con l’accusa di trasferimento fraudolento di valori e l’aggravante di aver favorito il clan.

Pubblicato il 10 Febbraio 2021, 07:0010 Febbraio 2021, 18:18
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