“Mio padre, il partito e il mio amore sviscerato per Catania”

“Mio padre, il partito e il mio amore sviscerato per Catania”

Intervista al candidato del centrodestra per la guida di Palazzo degli Elefanti

CATANIA – Una storia a destra, ma da progressista. Gli insegnamenti del padre Enzo, la scelta come candidato unitario della coalizione di centrodestra e una situazione complessa che potrebbe attenderlo al Comune. Enrico Trantino ha iniziato da pochi giorni il percorso da candidato sindaco, nel suo studio gli appuntamenti si susseguono freneticamente. La nostra intervista.

Le ragioni di una scelta
“Mettersi al servizio di una comunità, spendersi per la città che si ama. So quanto è difficile questa impresa ma non è nella mia natura fuggire”.

Chi l’ha chiesta la candidatura?

“Il presidente Meloni e se me la chiede la mia Premier mi sento in dovere di rispondere e obbedire”.

In Fratelli d’Italia cos’è successo?
“Sono stato estraneo a questa fase preliminare, non ho elementi di valutazione che comunque non mi competerebbero”.

E’ un uomo di partito, Fratelli d’Italia?
“Nel mio curriculum si trovano scelte improntate alla mia coerenza. Sono stato nel Movimento sociale italiano, in alleanza nazionale, non ho aderito al Pdl, ho aderito a La Destra, che per me costituiva una testimonianza identitaria. Nel 2013, quando si sciolse, mi iscrissi a Fratelli d’Italia che nel frattempo si era costituita”.

Nel mondo della destra, lei è considerato un progressista, è vero che lo è?
“Sono uno molto aperto e non condizionato da pregiudizi ideologici. Capisco che il mondo è in continua evoluzione e credo sia il più grande errore rimanere bloccati su una concezione del passato che travolga l’analisi del presente. Per questo osservo tutti i fenomeni in modo assolutamente laico, senza deflettere da alcuni principi fondamentali. Per esempio non mi piace la cancel culture e tutto il finto progresso per inseguire carriere elettorali, e rimango legato a una cultura valoriale a cui non intenderò mai derogare”.

Cosa ne pensa del fascismo?
“Mi piacerebbe che venga definitivamente consegnato alla storia. Già Pasolini negli anni ’70 invitò a superare quella anacronistica fase di antagonismo e ritengo stucchevole che ancora oggi, periodicamente, vi sia qualcuno che ripeschi strumentalmente la questione fascista”.

Condanna le leggi razziali?
“Condanno le leggi razziali e gran parte di tutto quello che venne fatto dopo il 1939. Ma se guardo con distacco, capisco che tutto deve essere analizzato nel contesto storico in cui si verificò. Quel che so di certo è che per la mia indole e natura se io fossi vissuto all’epoca, sicuramente sarei stato un antifascista”.

Come ha accolto suo padre la notizia di questa candidatura a sindaco di Catania?
“Con preoccupato orgoglio. Noi viviamo insieme e la sera diventa un momento di emozionata condivisione per riferire quello che si è fatto e parlare di quello che intendo fare. Appena ho ricevuto la telefonata di investitura da Giorgia Meloni, gli ho comunicato la notizia. Con lui ci capiamo molto di più con lo sguardo che con le parole. Mi ha abbracciato forte, ha guardato la foto di mia madre e si è commosso”.

Qual è il suo più grande insegnamento?
“In 59 anni ogni attimo è stato un insegnamento, tanto da lui che mi ha trasmesso la cultura dei doveri, quanto da mia madre che mi ha insegnato il piacere dell’aiutare gli altri.”

Questa è la città che Almirante definiva come la pupilla dei suoi occhi, il centrodestra ha combinato anche guai amministrando, come anche il centrosinistra. E ora cos’è diventata Catania?
“Una città che desidera una scossa, un nuovo patto sociale, perché la disaffezione che noi vediamo non è certamente frutto dei governi del recente passato, ma di qualcosa che viene da molto lontano. Da più di 50 anni, in cui si è ribaltato il rapporto tra politica e cittadino. E il cittadino è stato visto più come utente che titolare di diritti; e secondo la teoria della breaking window, nel momento in cui non ripari ciò che rompi, la situazione va progressivamente a peggiorare. Ho sempre sostenuto, anche alla luce delle mie esperienze culturali e professionali, che chi non riceve rispetto è inevitabilmente portato a non darne”.

Come ha accolto la notizia dell’incandidabilità di Enzo Bianco?
“Rispettando le decisioni e senza entrare nel merito, che non mi compete”.

E dal punto di vista politico?
“Mi sono prefisso, in questa campagna elettorale, di non concentrarmi sulle responsabilità del passato, perché è difficile trovare qualcuno che non ne sia esente. Sicuramente l’amministrazione Stancanelli provò a riequilibrare il disavanzo, cosa che non fu fatta da Bianco; ma andando a ritroso, sarebbe difficile individuare governi cittadini che sia possibile esonerare da ogni forma di responsabilità”.

Questa patata bollente, il bilancio, potrebbe passare a lei in caso di elezione?
“Potrei risponderle romanticamente pensando a quel sindaco brasiliano architetto, che in una situazione analoga disse che dovevano dare sfogo alla creatività. Dal punto di vista pratico bisogna individuare nuove regole col governo nazionale. Faccio un esempio pratico. Il Comune non riesce a riscuotere tutti gli oneri urbanistici per le poche risorse di personale, ma non possiamo assumere perché la capacità di assunzione è rapportata a quella finanziaria. Ma è inevitabile che se avessimo più impiegati, avremmo più risorse. So che è in cantiere una riforma della legge Madia, e mi giungono segnali che il Parlamento stia intervenendo per consentire maggiori assunzioni, perché quello della carenza di personale è un problema endemico”.

Un aspetto che la contraddistingue è l’attenzione verso i temi della giustizia. Lei è contemporaneamente garantista, ma intransigente per la legalità. Osservando i primi volti dei volantini, controllerà i certificati penali?
“Assolutamente sì. Sono intransigente verso me stesso e non intendo cedere per opportunismo. Per essere credibile un’istituzione non deve essere dotata di persone solo irreprensibili, ma esse devono anche apparire tali, per non rompere il contratto sociale con i cittadini. Bisogna abbassare l’asticella, rispetto ai presupposti per la candidabilità e laddove ci siano pendenze giudiziarie per reati di un certo rilievo, seppur non ostativi alla candidatura, per una questione di natura etica, mi auguro inducano al passo indietro. Io poi, naturalmente, ho la possibilità di esortare gli alleati, i miei compagni di squadra a venirmi incontro. Non ho poteri di veto, ma ho potuto già registrare una condivisione di intenti che mi fa ben sperare”.

Intervistato da noi Cuffaro ha detto che spera di non metterle i bastoni tra le ruote dal punto di vista morale col suo sostegno
“Cuffaro ha pagato, non si è sottratto alle decisioni della magistratura e adesso ha ottenuto la riabilitazione”.

Qual è la sua visione di Catania?
“È una città che deve tornare a scoprire il gusto della catanesità, in cui i cittadini siano consapevoli che non può essere solo l’amministrazione a risolvere i problemi, ma vi deve essere una convergenza in uno spirito comunitario, che abbia come comune denominatore il civismo delle condotte. Se il cittadino non avverte che ha anche dei doveri nei confronti della città, l’amministrazione può impiegare ogni risorsa per pulirla, ma non potrà mai vincere la sfida. Siamo tutti parte di un insieme e se riuscissimo a far capire questo aspetto fondamentale della vita sociale, il miglioramento delle condizioni di vita sarebbe inevitabile”.

State lavorando al programma?
“Intensamente. Alcuni punti fermi: una ritrovata comunicazione tra mare e Catania, con la valorizzazione del waterfront, previo interramento della rete ferroviaria. Diventa fondamentale accelerare l’approvazione del piano urbanistico generale, così come un piano di mobilità sostenibile, che crei un nuovo modo di concepire la circolazione secondo criteri di tutela ambientale e diminuzione del traffico. Uno dei focus fondamentali sarà il tema della sicurezza, del miglioramento della zona industriale, dell’attivazione di tutte quelle condizioni che consentano di tenere alto l’interesse dei turisti sulla nostra città. Noi disponiamo di straordinari punti di forza: non solo l’attrattività per chi viene in vacanza, ma anche per aziende che stanno investendo nel nostro territorio centinaia di milioni di euro, e abbiamo il dovere di agevolare questa condizione di favore di cui siamo stati beneficiati. Sarà inevitabile rivolgere più attenzione alle pari opportunità, alla tutela dei più fragili e a scelte a misura dei bambini. Una degli obiettivi vitali che desidererei realizzare è ribaltare la considerazione che hanno i nostri figli per Catania. Vorrei che il principale centro di aggregazione giovanile non sia più l’aeroporto di Fontanarossa per inseguire quel che a Catania loro temono di non poter vivere

Cosa le fa più paura?
“Ho il terrore di deludere la tante, troppe aspettative che la gente sta riponendo in me. Ma se dovessi fallire non accamperò pretesti o alibi. Sarà stata solo colpa mia”.

E il punto di forza?
“Un amore sviscerato per Catania e la brama di restituire una prospettiva alle future generazioni”.


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