Palermo, comanda il boss detenuto: mafia, 26 arresti

“Comanda il boss detenuto”: 26 arresti, imprese sequestrate

Villaggio Santa Rosalia, enclave mafiosa nel mandamento palermitano di Pagliarelli

PALERMO – Neppure il carcere avrebbe stoppato le manovre criminali di Salvatore Sorrentino, boss del rione Villaggio Santa Rosalia di Palermo. Per imporre le sue decisioni lo “studentino” – questo è il soprannome di Sorrentino – si sarebbe affidato al figlio Vincenzo, alter ego del padre a soli 22 anni. Secondo gli investigatori, seppure giovanissimo è già un capo.

Vincenzo Sorrentino è uno dei 26 arrestati del blitz dei finanzieri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria del Gico (leggi tutti i nomi). Su richiesta del procuratore Maurizio de Lucia e dell’aggiunto Marzia Sabella il giudice per le indagini preliminari Walter Turturici ha anche imposto il divieto esercitare impresa a sette persone. Sei attività commerciali sono finite sotto sequestro perché finanziate dalla mafia. Lavorano nel settore della ristorazione, del commercio di generi alimentari, del trasporto merci su strada e del movimento terra, e hanno un valore complessivo stimato in 5 milioni di euro.

Lo spaccato è disarmante. Il Villaggio Santa Rosalia, mandamento di Pagliarelli, è una enclave mafiosa. I boss decidono ogni cosa. Quali attività commerciali possono aprire, chi deve eseguire i lavori di ristrutturazione, e quali commercianti devono cambiare aria perché la loro concorrenza non è gradita. Se è necessario i mafiosi sono pronti a sostenere economicamente le nuove attività. Hanno la forza economica per sostenere un canale di credito. Come una banca autonoma, con prestiti senza interessi qualora a chiederli siano soggetti in difficoltà economica.

Lo scorso dicembre Sorrentino è stato condannato (e non era la prima volta) a 10 anni in appello. Era il braccio destro di Settimo Mineo, anziano capomafia chiamato a presiedere il tentativo di convocare la prima riunione della cupola del dopo Rina. Una volta finito in carcere non si è rassegnato. I colloqui con i parenti e le video chiamate, consentite durante la pandemia Covid, gli hanno consentito di passare ordini all’esterno. E poi approfittava dei permessi premio di altri detenuti. Per questo capitolo dell’indagine i finanzieri hanno potuto contare sull’apporto dei poliziotti penitenziari del carcere Pagliarelli.

Nello stesso carcere sono reclusi altri due indagati raggiunti da una nuova ordinanza di custodia cautelare, Andrea Ferrante e Giovanni Cancemi. Anche loro hanno continuato a dettare ordini e nel caso di Cancemi, cognome storico a Pagliarelli, a controllare gli affari nel settore edile e nel movimento terra.

Oltre 220 finanzieri del Gico, agli ordini del comandante provinciale Domenico Napolitano e del colonnello Gianluca Angelini che guida il Nucleo di polizia economico-finanziaria stanno battendo palmo a palmo il regno di Sorrentino. “Protervamente ed irriducibilmente mafioso”, lo definisce il giudice. Capace di condizionare il tessuto economico del territorio. La mafia controlla le postazioni per la vendita ambulante del pane, imponendo anche il prezzo, e ha dato il libera al monopolio della fornitura di fiori venduti all’esterno dei cimiteri Sant’Orsola e Santa Maria dei Rotoli, siglando un accordo con imprese ragusane legate al clan stiddaro Carbonaro-Dominante di Vittoria in provincia di Ragusa.

Ultimo capitolo dell’inchiesta riguarda i traffici di droga. La famiglia del Villaggio Santa Rosalia avrebbe organizzato un canale con la Calabria. Sul piatto furono messi 700 mila euro. Il primo carico di 7 chilogrammi di cocaina è stato bloccato. Una nota che, purtroppo, ormai non sorprende: venti arrestati percepiscono direttamente o tramite il proprio nucleo familiare il “reddito di cittadinanza” che verrà subito sospeso.


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