Regionali, il centrodestra e lo 'schema Lagalla': le incognite

Regionali, il centrodestra e lo ‘schema Lagalla’: le incognite

Ne resterà soltanto uno. Ecco chi potrebbe essere.
LE ELEZIONI
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Ma dove l’abbiamo già vista questa fiction del centrodestra in salsa regionale? Ah sì, per le comunali di Palermo che hanno raccontato la discesa in campo e poi la vittoria di Roberto Lagalla. Ne ricordiamo ogni puntata, chi potrebbe dimenticarla? I partiti che si presentano, al via, ognuno con i suoi candidati di bandiera, o affini, e con comunicati belligeranti. I suddetti candidati che cominciano ad auto-eliminarsi come le pedine del Monopoli. Alla fine, ne rimarrà soltanto uno. Per fortuna, gli altri potranno almeno conservare la testa. Sì, ma chi? Chi sarà il Lagalla di turno, nel risaputo schema della coalizione che si appresta a papparsi il piatto elettorale, sia a Palermo che a Roma, specialmente, a Palermo, per mancanza di veri avversari?

Sarà Minardo?

Nino Minardo, segretario della Lega, è il nome alla ribalta. Ha un profilo moderato (scolorito, affermano gli antipatizzanti) ed è un requisito che potrebbe far dimenticare ai siciliani l’eco truce del leghismo che fu, quando ‘Roma era ladrona’. La sintesi sarebbe non complicatissima da trovare: Minardo a Palazzo d’Orleans, Miccichè a Palazzo dei Normanni. Le controindicazioni? Appunto, l’essere comunque un leghista, discendente di una comunità politica che non è stata tenera con i meridionali, come oggi non lo è con i migranti. E il suo (di Nino M.) non essere un personaggio dirompente sulla scena, per un’indole alla cautela che non sempre è di giovamento. Pesa l’anatema del ‘ribelle’ Igor Gelarda: ” Se lei (o chiunque altro, ndr) va a comprare il pane a Pachino, lo sanno, al panificio, chi è Musumeci. Con Minardo avrei già qualche dubbio”. E’ un paradosso: un presidente della Regione gode, per la natura stessa del suo ruolo, di un ambito palcoscenico. Tuttavia, il dubbio su una popolarità ancora in divenire rimane.

L’incognita Miccichè

Perché sorprendersi? D’accordo, in primo piano, il nome di Forza Italia, come ha ribadito Antonio Tajani, è quello di Stefania Prestigiacomo. Ma siamo sicuri che Gianfranco Miccichè non sia della partita? Lui, in certe mezze frasi, ammicca. Con altre mezze frasi, invece, compie un passo indietro. Siamo nel suo stile, un po’ dovuto al carattere di un bastian contrario di se stesso, un po’ alla strategia. Magari, G.M. non sarà impegnato nei primi urti della discussione, tuttavia cosa accadrebbe se si dovesse arrivare a uno stallo che nessuno può permettersi, perché il tempo stringe? Non sarebbe quasi naturale un discorso del tipo: ‘Gianfrà, lo sai che c’è? Sei tu che ci hai portati qui, con la tua avversione politica per Musumeci. Entra in cabina e comincia a pilotare…’. La vanità personale, la voglia di scommettere su rinnovati traguardi sono variabili non secondarie nella vita di chiunque. Perché Miccichè dovrebbe fare eccezione?

Il ritorno di Musumeci

Nello Musumeci, presidente uscente, nella lettura politica viene dato come già quasi uscito. Ignazio La Russa, con i meloniani tutti, si stringe a coorte, incrollabilmente. Forse ci credono, forse vogliono soltanto alzare il prezzo. Attenzione alla formula larussiana: “Noi il nome del candidato ce lo abbiamo già e si chiama Nello Musumeci, dobbiamo verificare nella prima riunione con gli alleati se ci sono nomi degli altri partiti da mettere a confronto. Se c’è un altro nome che va bene a tutti e quindi anche a noi, e che consente di avere ampie certezze di vittoria, in quel caso Musumeci ha detto che farà un passo laterale. Se non c’è un nome che piace anche a noi e che dà ampie garanzie, noi restiamo su Nello Musumeci, non ci sono altri nomi”. Una apparente disponibilità che potrebbe tradursi in un veto sul campo per le alternative. Ecco perché ‘il ritorno di Nello’, per quanto sembri ostico, non è da scartare. E se fosse accompagnato, per rassicurare gli alleati, da una sorta di contratto preliminare che prevedesse l’ampio coinvolgimento dei partiti? Vedremo, a breve, il puntatone finale a cui ci si appressa con mille incognite e una certezza. A Palermo si chiacchiera, ma è a Roma che si decide. (Roberto Puglisi)


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