PALERMO – Questa volta la vita di un uomo valeva dieci euro. Non si piange un altro morto ammazzato per miracolo o fortuna. Ognuno utilizzi la definizione che ritiene più opportuna.
Secondo la ricostruzione della polizia, Giacomo Cusimano ha fatto fuoco contro Emanuele Cipriano a colpi di pistola fra i padiglioni dello Zen 2 per un debito di una manciata di euro. Si conoscevano da sempre.
La cronaca impone di aggiornare la lista degli episodi in cui qualcuno si arma per una giustizia sommaria. Aggravata dai futili motivi? Si vedrà, anche se tutto fa pensare che sia andata così.
Agli atti, non del fascicolo penale, ma della coscienza collettiva c’è lo sgomento che si prova di fronte a persone per cui la vita di un uomo vale al massimo pochi spiccioli, alla facilità con cui si fa fuoco, alla rabbia che esplode nella violenza.
Un anno e mezzo fa, allo Zen, Gaetano Giampino sparò a Salvatore Maranzano, suo vicino di casa. Uno sguardo di troppo, un insulto o una battutaccia nei confronti della moglie. Giampino andò in macchina, prese la pisola e fece fuoco. “È vivo per miracolo”, si disse anche allora.
Sempre allo Zen 2, a marzo 2019, Antonino e Giacomo Lupo, padre e figlio avevano raggiunto Giovanni Colombo per un “chiarimento”. Anche loro si conoscevano da anni. Alcune ore prima del delitto c’era stata un lite: Colombo rimproverò il fratello minore di Giacomo e i Lupo, così ha riferito, andarono a trovarlo a casa. La discussione sarebbe degenerata. Colombo impugnò una pistola e fece fuoco.
Nel maggio precedente Domenico Saletta, pensionato di 77 anni, in via Re Federico alla Zisa, pensò di mettere a tacere le richieste delle donna delle pulizie a colpi di pistola. Non aveva intenzione di pagare i dodici euro che gli erano stati chiesti.
Due mesi prima Pietro Seggio, 42 anni, avrebbe ucciso Francesco Manzella. Seggio, titolare di una pizzeria a Borgo Molara, secondo l’accusa (il processo è in corso), sarebbe uscito di casa armato di una calibro 38 con cui avrebbe esploso il colpo mortale che raggiunse Manzella alla tempia. Manzella era lo spacciatore di Seggio.
Si può anche andare a ritroso nel tempo. Nel 2018 Silvio Sardina, a soli 22 anni si presenta in un palazzone delle periferia, in via Brigata Aosta. Esplode alcuni colpi di pistola per vendicare il suo onore di marito tradito. Ferisce due persone. “Ho visto che faceva cosi con la pistola in mano… pum, pum, pum, pum”, racconterà una bambina. Da una parte la follia degli adulti, dall’altra l’innocenza dei più piccoli.
Nel 2017 Alessandra Ballarò, estetista di 20 anni, uccide un vicino di casa. La ragazza, orfana della madre e col padre gravemente malato, confessa il delitto di Leonardo Bua. “Avevo paura che ammazzassero mio padre, lo stavano aggredendo con bastoni chiodati. Lui e le mie sorelle sono le uniche persone che mi sono rimaste. Sono disperata e pentita, ma non si può tornare indietro”. In un video restano impresse le immagini choc di una ragazza che agisce come un killer. A scatenare la furia omicida la mancata compravendita di un immobile e clima clima di tensioni e pressioni che ne è seguito. Per la ragazza è definitiva una condanna a 13 anni.
Pochi mesi prima, marzo 2017, Giuseppe Pecoraro, di professione benzinaio, cosparge di benzina e dà fuoco al corpo di Marcello Cimino, mentre dormiva su un giaciglio di fortuna davanti alla mensa dei Capuccini a Palermo. Era convinto che insidiasse una donna su cui anche lui aveva mostrato interesse. Pecoraro è stato condannato all’ergastolo.
Definitivi sono i trent’anni inflitti a Mario Di Fiore per il delitto, avvenuto nel giugno 2015, del benzinaio Nicola Lombardo, in piazza Lolli, a Palermo. Il prezzo del pieno di benzina gli era sembrato caro e lo cucise a colpi di pistola.
La cronaca è piena di storie di ordinaria follia, di omicidi, tentati o consumati, e di gialli irrisolti. Qualcuno, in questi anni, ha ritenuto normale o facile affondare per ventisette volte un paio di forbici nella gola di Ninni Giarrusso, la parruccaia di via Dante; fare fuoco sul commerciante di bibite Daniele Discrede; entrare a casa di una prostituta, Anna Maria Renna, e infierire con una dozzina di coltellate sul suo corpo nell’appartamento di via Maggiore Toselli. Misteri irrisolti, ancora senza colpevoli.
Di alcuni delitti si è persa la memoria. Chi si ricorda, ad esempio, della prostituta massacrata a coltellate nei viali della Favorita in un giorno di agosto del 2002. Si chiamava Agostina Guarneri. Del suo assassino si sa soltanto che aveva i capelli biondi. Alcuni furono trovati sotto le unghie della vittima. Troppo poco per rintracciarlo. Solo l’assassino sa perché infierì sul corpo della donna e perché lasciò due banconote sul cadavere prima di andare via.
Due anni prima quindici colpi di roncola inferti con una violenza inaudita uccisero l’avvocato Antonio Cipolla. Il luogo dell’orrore non era un parco abbandonato, ma uno studio nella centralissima via Libertà. Sangue ovunque. L’omicida dovette ripulirsi prima di uscire dallo studio e confondersi fra la gente.
Il 16 dicembre 1986, nell’androne di un palazzo in via Petrarca, fu ritrovato il corpo senza vita del medico coreano Ung Park Chun. Era specializzato in agopuntura. Anche lui fu assassinato a copi di pistola.
Stessa sorte toccata nel 1990 a Pietro Rosselli, che tutti chiamavano Pedro, il titolare del ristorante “Il fico d’India”, ucciso nel suo locale di via Emerico Amari. Pochi mesi dopo e pochi isolati più in là, nel 1991, ammazzarono Abdel Aziz Ezzine, pure lui ristoratore. Era il titolare del locale tunisino “Al Duar”, assassinato mentre saliva in ascensore nella sua abitazione di via ammiraglio Gravina.
Nel 2006 il cadavere del diacono Giuseppe Pipitone fu trovato in un luogo maleodorante lungo le sponde del fiume Oreto. Gli staccarono addirittura un lobo a morsi. Un anno prima, Giuseppe Antonio Crispino, direttore delle poste di Giardinello, durante la pausa pranzo aprì l’agenzia per fare entrare un uomo che conosceva, il quale prima lo colpì con tre coltellate e poi gli strinse al collo una fascetta di quelle che si usano per i cavi elettrici.
Palermo è una città che mostra il suo lato violento. Vendetta, giustizia sommaria, rabbia: ci sono uomini e donne per cui la la vita vale zero, o al massimo dieci euro. E riescono pure a farla franca.