PALERMO – C’è la forte sensazione che Matteo Messina Denaro abbia scelto la strategia del “covo diffuso”. Gli investigatori giocano una partita contro il tempo per individuare i luoghi della latitanza. Il rischio è perdersi qualcosa per strada. Carte, documenti ed eventuali segreti. Il piano del latitante probabilmente era quello di avere piu punti di appoggio e rifugio in caso di emergenza.
A 48 ore dall’individuazione della casa in via CB 31, dove ha certamente vissuto negli ultimi mesi, gli investigatori sono piombati in un altro immobile, in via Maggiore Toselli. I due luoghi si trovano a poca distanza l’uno dall’altro a Campobello di Mazara.
Nel primo caso c’è la certezza che fosse una casa a disposizione del latitante, vista la mole di documenti sanitari a lui riconducibili. O meglio al geometra Andrea Bonafede che gli ha prestato l’identità. Nelle sue ammissioni ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Bonafede ha spiegato che un giorno consegnò la sua carta d’identità e la tessera sanitaria al latitante da cui ebbe indietro solo la prima. Dunque quella usata da Messina Denaro per i ricoveri sarebbe stata clonata.
Diversa è la situazione della camera blindata scoperta dietro un armadio nella palazzina di via Maggiore Toselli. Via abitano i componenti della famiglia Risalvato, da sempre annoverati nella lista dei fiancheggiatori di Messina Denaro. Nella stanza protetta c’erano alcune scatole con dei documenti (altre erano vuote), e gioielli, il cui valore va ora stimato e che potrebbero appartenere ai proprietari dell’immobile. Le scatole vuote sono la spia di qualcosa che è stato portato via?
C’era anche un pacchetto di sigarette Merit, una marca che apre quella che al momento è solo una suggestione. Merit infatti erano le sigarette trovate a metà degli anni 90 nel nido d’amore che Messina Denaro condivideva con una donna ad Aspra, frazione marinara alle porte di Palermo.
Gli esperti della scientifica sono al lavoro per isolare eventuali tracce biologiche e impronte digitali nella camera blindata. Solo così si avrà la certezza che vi sia passato Messina Denaro. A primo acchito, se così fosse, sembrerebbe trattarsi di un rifugio che il latitante potrebbe avere utilizzato in caso di emergenza quando si è sentito braccato.
All’immobile di via Maggiore Toselli si è arrivati grazie all’imbeccata dei finanzieri del Gico del nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo. Le fiamme gialle indagano su vicende legate al territorio trapanese. Probabilmente l’intuizione è scattata rileggendo alcuni atti giudiziari alla luce dell’arresto di Messina Denaro. Qualcuno ha pure visto il signor Bonafede muoversi in zona.
L’intuizione, a giudicare dalla presenza della camera blindata, potrebbe essere stata vincente. Quanti altri covi, rifugi o nascondigli di Messina Denaro restano da scoprire? Probabilmente in ognuno di essi il capomafia avrebbe lasciato effetti personali e documenti. Un modo per confondere le acque, per rendere complicata la sua individuazione.
Ed è iniziata un’operazione di controllo a tappeto. Così come prosegue il controllo dei due cellulari che gli sono stai sequestrati e sul materiale sanitario trovato nel primo covo.