Le confessioni dei killer: condanna riformata a 20 anni - Live Sicilia

Le confessioni dei killer: condanna riformata a 20 anni

L'omicidio del boss di Paternò. Confermato ergastolo per Barbagallo.
IL PROCESSO D'APPELLO
di
2 min di lettura

CATANIA – Avevano già ammesso di aver partecipato all’omicidio di Turi Leanza, ucciso sotto casa alle 7 del mattino del 27 giugno 2014 a Paternò, davanti al gup. Ma le ammissioni di Alessandro Giuseppe Farina, Antonio Magro, Francesco Santino Peci e Sebastiano Scalia erano apparsi “ritardatari” sia dalla Procura che dal giudice. Il processo di primo grado si era concluso con una condanna all’ergastolo per i quattro imputati e Antonino Barbagallo (che non ha mai fatto dichiarazioni di responsabilità, ndr) e a 20 anni per Vincenzo Patti. 

La Corte d’Assise d’Appello, invece, oggi ha emesso un verdetto dove ha riconosciuto a Farina, Magro, Peci e Scalia le attenuanti generiche e ha diminuito la pena a 20 anni di reclusione. Il comportamento “processuale” – evidenziato anche dagli avvocati Salvatore Liotta, Eugenio De Luca, Fabrizio Siracusano, Giovanni Avila, Salvatore Leotta, Salvatore Centorbi, Vittorio Lo Presti durante le arringhe –  ha avuto “un peso” nella determinazione della condanna. Ma si dovranno leggere le motivazioni della sentenza per capire quali sono stati le conclusioni a cui è arrivato il collegio presieduto dal giudice Cuteri. Confermata la sentenza all’ergastolo confermata per Barbagallo e a 20 anni per Patti (entrambi difesi dal penalista Lo Presti). Il pg Andrea Ursino aveva chiesto al termine della requisitoria la conferma delle condanne di primo grado. 

Nell’agguato di Salvatore Leanza (detto Turi padedda) rimase ferita anche la moglie. Quell’omicidio sarebbe stato deciso da Turi Rapisarda (già condannato all’ergastolo in appello), boss dei referenti dei Laudani a Paternò, che ha voluto fermare l’ambizione criminale del boss degli Alleruzzo, che non appena fuori dal carcere ha rimesso in piedi il suo gruppo e cercato di far girare nuovamente gli affari illeciti. Un omicidio che ha avuto un punto di svolta, la prima volta, quando Francesco Musumarra – detto cioccolata – ha deciso di voltare pagina e ha raccontato minuto dopo minuto l’assassinio di Leanza. Ma solo le sue dichiarazioni hanno blindato l’apparato probatorio nei confronti del mandante, ma non del gruppo di fuoco. Che però è rimasto incastrato dopo la decisione di Orazio Farina di vuotare il sacco. Il fratello di uno degli imputati è stato decisivo per completare il mosaico. Alessandro Farina, inoltre, ha scritto una lettera – che ha inviato alla stampa – in cui non solo riconosceva le sue colpe ma ha chiesto perdono. Un gesto che la Corte d’Assise d’Appello potrebbe aver preso in considerazione. 


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI