Mafia, spaccio e riciclaggio: i retroscena di "Slot Machine" - Live Sicilia

Mafia, spaccio e riciclaggio: i retroscena di “Slot Machine”

VIDEO - Nell'indagine della Guardia di finanza sono stati individuati due gruppi di narcotrafficanti
IL BLITZ A CATANIA
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CATANIA – Erano grossisti della droga, grossi fornitori delle piazze di spaccio della provincia di Catania, e riciclavano i loro traffici in attività lecite come bar e autosaloni. È il doppio binario seguito dall’operazione Slot Machine della Guardia di Finanza, che questa mattina ha portato in carcere 21 persone (NOMI) con diverse accuse tra cui associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico organizzato di sostanze stupefacenti, autoriciclaggio. L’indagine, durata due anni, prende spunto da un’operazione precedente, “La Vallette”, che riguardava un gruppo dedito al narcotraffico.

I grossisti

Al centro delle indagini del Gico e del Nucleo di Polizia economica e finanziaria della Guardia di Finanza di Catania ci sono due gruppi criminali. Il primo ruota intorno ai quattro fratelli Vitale: Franco, Giuseppe, Fabio e Santo. I quattro avrebbero spostato grosse quantità di cocaina, marijuana e hashish, occupandosi del brokeraggio, stoccaggio e distribuzione della droga a diversi “dettaglianti” nella provincia di Catania, ovvero spacciatori nelle diverse piazze.

I canali di rifornimento dei fratelli erano soprattutto due. Uno, con base operativa in provincia di Firenze, che faceva capo a Paolo Messina e a Erion Keci. L’altro canale era attivo nel catanese ed era riconducibile soprattutto a Salvatore Copia e Nunzio Cacia. Tutte e quattro le persone sono state raggiunte questa mattina dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Il clan

L’azione del gruppo dei fratelli Vitale era contraddistinta anche dal contatto con un uomo del clan Cappello-Bonaccorsi. Secondo gli investigatori, infatti, i quattro avrebbero fatto riferimento al loro cognato Santo Aiello, esponente del clan, per favorire la propria attività di narcotraffico.

Il ruolo di Aiello sarebbe stato soprattutto quello di spendere il proprio nome e il proprio carisma per dirimere le controversie con altri gruppi di trafficanti, ottenere con più facilità soldi e pagamenti dovuti per la droga, garantire al gruppo la copertura necessaria per continuare il traffico. In più, alcune delle piazze di spaccio rifornite dal gruppo avrebbero fatto riferimento al clan Cappello-Bonaccorsi.

Il secondo gruppo

Nel corso delle indagini gli investigatori della Finanza hanno scoperto l’esistenza di un secondo gruppo criminale, attivo nella zona di MIlitello in Val di Catania. Il gruppo, formato da Pietro Artimino, Giampaolo Artimino, Mario Murgo e Ardian Qarri, gestiva una grossa piantagione di canapa indiana, che aveva impiantato su un terreno di circa 1500 metri quadri. I quattro si occupavano della coltivazione, lavorazione e vendita di marijuana, e proprio le forniture di droga al gruppo dei Vitale hanno permesso agli investigatori di scoprirne l’esistenza.

La droga

Il gruppo dei “grossisti” della droga utilizzava diversi metodi per spostare la sostanza e farla giungere a destinazione. In particolare, in un caso sono stati scoperti 13 chili di cocaina nascosti all’interno di auto, le quali sono arrivate a destinazione viaggiando su una bisarca. In un altro caso, più di 40 chili di marijuana sono stati nascosti in un congelatore appena comprato.

In totale, nel corso delle indagini sono state sequestrati 34 chili di cocaina, 400 chili di marijuana, un chilo di hashish, 11 mila piante di cannabis e 38 proiettili calibro 9. Sette persone sono state arrestate in flagranza di reato per detenzione e commercio di sostanze stupefacenti.

Il filone del riciclaggio

Accanto all’attività investigativa sul narcotraffico, gli investigatori della Finanza si sono concentrati sul reinvestimento dei proventi, da parte dell’organizzazione, in attività lecite. In particolare, i fratelli Vitale avrebbero investito i soldi provenienti dal narcotraffico in due società di compravendita e noleggio di auto. In più, uno dei fratelli avrebbe investito nel bar “Caffè in piazza” di Catania, intestato a un prestanome.

Sequestrati in totale beni per circa 4 milioni di euro, tra cui attività di vendita di alimenti, 2 locali operanti nel settore delle scommesse, 7 fabbricati, 6 terreni, 50 tra conti correnti e depositi.

L’indagine “ibrida”

Il carattere trasversale dell’indagine è sottolineato in conferenza stampa dal generale Antonino Raimondo, comandante provinciale della Guardia di Finanza di Catania: “L’operazione si caratterizza per la sua trasversalità, dato che si è concentrata sia sulla repressione e sui sequestri di ingenti quantitativi di droga, ma anche sugli accertamenti patrimoniali e sul reimpiego del denaro in attività lecite, e dunque la proiezione al riciclaggio”.


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