Truffa durante il lockdown: nei guai Cerbo, lo "scarface" catanese

Truffa durante il lockdown: nei guai Cerbo, lo “scarface” catanese

Un'altra volta in manette. Questa volta ad arrestarlo i finanzieri veneti nell'ambito dell'inchiesta "Zona Rossa".
L'INCHIESTA DI PADOVA
di
2 min di lettura

Che avesse una fissazione per Tony Montana, interpretato da un magistrale Al Pacino nel film cult del regista Brian De Palma, era già stato chiaro nel 2014 quando i finanzieri catanesi lo hanno arrestato nel blitz Scarface. La passione smodata non è finita nemmeno dopo i guai giudiziari che lo hanno portato a una condanna in primo grado per essere considerato “la mano finanziaria” del clan Mazzei, ‘i carcagnusi di Catania. I finanzieri, questa volta di Padova, hanno trovato nel suo appartamento extralusso di Milano – città dove si è trasferito prima agli arresti domiciliari con permesso lavorativo e poi è rimasto da uomo libero dal 2019 per ordinanza del Tribunale del Riesame etneo – una gigantografia in bianco e nero del personaggio cinematografico. Per lo ‘scarface’ catanese sono scattate nuovamente le manette: per la magistratura di Rovigo sarebbe stato a capo di un gruppo criminale che avrebbe truffato diverse aziende durante il lockdown. 

Torna in carcere dunque lo “scarface” catanese, nell’ambito dell’inchiesta “Zona Rossa” condotta dalla guardia di finanza padovana. Inoltre è finito ai domiciliari il factotum della “ditta” di truffatori, Ugo Santoro, 49enne padovano, invece è destinatario dell’obbligo di firma il principale buyer. Sono 13, in totale, le persone indagate, tra cui uno indagato per ricettazione e alcuni percettori del reddito di cittadinanza, e oltre 20 le società coinvolte nel “sistema”.

Un “sistema” quello scoperto dai militari a prima apparenza semplice ma piuttosto ingegnoso. Attraverso un meccanismo di alterazione dei bilanci e teste di legno le società truffaldine si presentavano sul mercato acquistando a prezzi vantaggiosi e con dilazioni di pagamento prodotti agroalimentari, edili ed elettronici. Che puntualmente non venivano saldate: o adducendo a problemi economici legati al primo lockdown o disponendo assegni non coperti o bonifici poi annullati. La merce finiva in un capannone di Brescia, che già è stato sottoposto a controlli della Finanza. Quando le richieste dei fornitori sono diventate insostenibili il gruppo criminale ha spostato le sue basi logistiche facendo perdere le sue tracce ai fornitori truffati. Sono stati calcolati danni a imprese e ditte per oltre un milione e mezzo di euro in soli 6 mesi. Ditte che vista la regolare fatturazione non hanno potuto nemmeno accedere ai contributi Covid.  


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI