"Vi spiego perché a Palermo|pioverà sempre sul bagnato" - Live Sicilia

“Vi spiego perché a Palermo|pioverà sempre sul bagnato”

Ma che cosa è successo davvero in circonvallazione? L'intervista al professor Agnesi.
ALLUVIONE A PALERMO
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PALERMO- Al cospetto della bomba d’acqua che ha devastato Palermo, forse è il caso di sentire chi qualcosa sa perché ha studiato. Per esempio, il professore Valerio Agnesi, geologo, docente universitario, direttore del Dipartimento di Scienze della terra e del mare, autore di un libro colto e documentato ‘Palermo e l’acqua perduta’ che indaga sulla relazione complicata che la città intrattiene con gli eventi atmosferici, con il mare e con i fiumi. (la foto di Ivan Norrito, a corredo dell’intervista, racconta molto bene la cronaca di questi giorni)

Professore, che cosa è accaduto, nel giorno del Festino?
“Una premessa. Palermo è una città che, per il suo territorio, può definirsi a rischio rispetto agli eventi alluvionali e con un rapporto difficile con l’acqua. Pensiamo ai fiumi scomparsi, il Kemonia e il Papireto, che delimitavano il nucleo storico più elevato rispetto al resto che si è sviluppato. Era in una posizione ideale, Palermo. I fenici la scelsero per la sua bellezza e per le sue condizioni. E i viaggiatori rimanevano incantati dalla quantità di acque presenti”.

Poi che è successo?
“Come sappiamo i fiumi sono stati interrati, tecnicamente si dice tombati, ma la morfologia è quella. Ci sono zone situate più in basso rispetto al primo insediamento, zone depresse che tendono a essere invase quando piove e parliamo del centro. Questo è uno dei problemi”.

Gli altri?
“L’altro problema è l’espansione enorme della città che ha reso ‘la battaglia con l’acqua’ un dato di cronaca. Ricordiamo l’alluvione del 1931. Ricordiamo il sacco della Conca d’oro, l’invasione edilizia della Piana dei Colli e dei terreni agricoli. La terra che era porosa e permeabile è stata ricoperta dalla cementificazione e il ruscellamento è aumentato. Aggiungiamoci la circonvallazione con i suoi sottopassi che possono diventare trappole. Tutta la massa converge lì e si verifica quello che abbiamo visto, in condizioni particolari. Poi, certo, c’è la manutenzione da fare, con i tombini e le caditoie da ripulire. Ma sul punto ne so poco. Comunque, la morfologia non la cambi, pulendo i tombini”.

Allora la questione è insolubile?
“Si possono realizzare delle cose, tutte insieme, con la cooperazione tra enti”.

Che cosa?
“Si possono riforestare le pendici intorno alla città, in modo che la vegetazione trattenga un po’ l’acqua. Si possono rivedere le canalizzazioni e aggiornarle alle esigenze attuali. Questo sarebbe un buon modo per mettere in sicurezza, sapendo che se l’evento meteorologico è eccezionale, c’è poco da fare. Purtroppo, le piogge tendono a concentrarsi”.

Le famose bombe d’acqua?
“Parliamo di grandi quantità di precipitazioni in tempi brevi. Ed è chiaro che il rischio è più elevato. Quando il vapore acqueo riscaldato incontra aria fredda si crea una condensazione che porta, appunto, alla precipitazione”.

Insomma, scontiamo il sacco e lo sviluppo abnorme dell’edilizia.
“Sì. Abbiamo bisogno di costruire di meno e di impiantare più verde, imparando che certi eventi capitano pure perché ci sono degli errori a monte”.

Per esempio?
“Un paradosso che è utile per capire. Se costruisco casa mia dentro una pista di Formula Uno, mica posso lamentarmi perché mi hanno investito mentre uscivo”.

A Palermo pioverà sempre sul bagnato?
“ Se non interveniamo, temo di sì”.


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