Carmelo Iacobello e quei racconti dalla lotta al Covid 19 VIDEO

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Direttore del Reparto di malattie infettive dell'ospedale Cannizzaro di Catania, ne è venuto fuori un racconto che rimarrà per molto tempo.
LA DOMENICA DI LIVESICILIA
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9 min di lettura

CATANIA. Dall’ascesa professionale al contatto umano. Incontro con Carmelo Iacobello, Direttore del Reparto di malattie infettive dell’ospedale Cannizzaro. Un racconto inedito e da non perdere.

Direttore lei è nato a Militello in Val di Catania l’1 febbraio del ’56 ed all’età di 8 anni si è trasferito con la famiglia a Catania. Quali sono i suoi primi ricordi  e com’era da bambino?

Da bambino ero sicuramente un bambino molto vivace, molto attento a tutto quello che era attorno a me. Avevo familiarizzato molto con i compagni di scuola elementare e le stessa maestre, che erano delle suore perché si trattava di un orfanotrofio che veniva utilizzato come scuola elementare, mi hanno individuato subito come un soggetto valido anche per alcune recite. […]

Negli anni ’70 frequenta la Facoltà di Medicina e Chirurgia presso l’Ateneo catanese. Com’era Catania in quel periodo? L’ha vista cambiare molto negli anni?

[…] Catania Negli anni 70 era una città, come dire, ancora sottoposta a una pesante presenza di attività mafiose. Era una città in cui c’era molta abusivismo edilizio, dove c’era stata anche una enorme cementificazione. […]

Non c’è dubbio che col tempo la città, anche con amministratori che hanno avuto ovviamente una visione migliore, ha avuto una reviviscenza, ha avuto un recupero del centro storico ed  anche un recupero sociale che credo oggi però si stia lentamente perdendo.[…]

Il 3 luglio dell’’80 consegue la laurea in Medicina e Chirurgia proprio presso l’Ateneo Catanese, con la valutazione di 110/110 e la lode ed ottieni anche la proposta premio Barbagallo Sangiorgi. Da cosa nasce la sua passione per la medicina e la scienza e cosa sognava in quegli anni?

La mia passione per la medicina e la scienza nasce quando ero già piccolo.Una volta un pesciolino d’acqua dolce che si sentiva male l’ho vivisezionato per cercare di curarlo. Immaginavo che avesse un blocco intestinale o qualcosa del genere.[…]

[…] Quindi, evidentemente la mia passione per la medicina affonda le sue radici all’età praticamente quasi infantile. Ho sempre pensato nella mia vita di fare il medico ed era l’unica cosa che forse avrei potuto fare, perché diversamente non ho altra competenza e non riesco a immaginarmi altre competenze. l’Università negli anni degli anni 70 era una università molto, diciamo molto più interessante, certamente migliore di quello che era la società catanese.

C’era una facoltà di medicina che era prestigiosa. 

[…] Non era un posto abbandonato, ma l’università annoverava persone come Condorelli, Signorelli, Gaglio, ma anche anche Rasario, tutte persone che hanno fatto la storia della medicina italiana e quindi ho avuto la fortuna proprio in quel periodo di confrontarmi con personaggi di questo calibro. […]

Nel 2015 diventa Direttore Facente funzione dell’Unità Operativa Complessa (U.O.C.) Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Policlinico-Vittorio Emanuele”, nel 2016 la nominano direttore dell’Unità Operativa Complessa (U.O.C.) Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliera per l’Emergenza Cannizzaro e dal 2020 alla dicitura, ed alle responsabilità,  delle Malattie Infettive si aggiunge, con tutto ciò che ne ha comportato e ne comporta a tutt’ora, la dicitura COVID-19.  Sono così lontani oggi quei giorni legati all’emergenza COVID-19? Le va di raccontarci come li ha vissuti e se crede che davvero oggi il COVID non faccia più paura?

Quei giorni che abbiamo dedicato alla gestione del paziente COVID,  sono giorni che non dimenticherò mai. Io credo di poter dire che alla fine del mio percorso professionale, perché avendo 67 anni è chiaro che non posso immaginare altri venti anni di professione, li farei volentieri, ma non è possibile, però alla fine di questo percorso professionale doversi confrontare con una patologia di cui non conoscevamo bene la eziologia, quindi il virus, e di cui non sapevamo bene quali erano gli effetti che il virus produceva nel corpo umano, è stata una delle cose più delle imprese più titaniche e più difficili, ed anche più impattanti dal punto di vista emotivo, che mi è capitato di verificare, di sperimentare nella mia vita professionale. […]

Direttore lei è nato a Militello in Val di Catania l’1 febbraio del ’56 ed all’età di 8 anni si è trasferito con la famiglia a Catania. Quali sono i suoi primi ricordi  e com’era da bambino?

Da bambino ero sicuramente un bambino molto vivace, molto attento a tutto quello che era attorno a me. Avevo familiarizzato molto con i compagni di scuola elementare e le stessa maestre, che erano delle suore perché si trattava di un orfanotrofio che veniva utilizzato come scuola elementare, mi hanno individuato subito come un soggetto valido anche per alcune recite. […]

Negli anni ’70 frequenta la Facoltà di Medicina e Chirurgia presso l’Ateneo catanese. Com’era Catania in quel periodo? L’ha vista cambiare molto negli anni?

[…] Catania Negli anni 70 era una città, come dire, ancora sottoposta a una pesante presenza di attività mafiose. Era una città in cui c’era molta abusivismo edilizio, dove c’era stata anche una enorme cementificazione. […]

Non c’è dubbio che col tempo la città, anche con amministratori che hanno avuto ovviamente una visione migliore, ha avuto una reviviscenza, ha avuto un recupero del centro storico ed  anche un recupero sociale che credo oggi però si stia lentamente perdendo.[…]

Il 3 luglio dell’’80 consegue la laurea in Medicina e Chirurgia proprio presso l’Ateneo Catanese, con la valutazione di 110/110 e la lode ed ottieni anche la proposta premio Barbagallo Sangiorgi. Da cosa nasce la sua passione per la medicina e la scienza e cosa sognava in quegli anni?

La mia passione per la medicina e la scienza nasce quando ero già piccolo. Una volta un pesciolino d’acqua dolce che si sentiva male l’ho vivisezionato per cercare di curarlo. Immaginavo che avesse un blocco intestinale o qualcosa del genere.[…]

[…] Quindi, evidentemente la mia passione per la medicina affonda le sue radici all’età praticamente quasi infantile. Ho sempre pensato nella mia vita di fare il medico ed era l’unica cosa che forse avrei potuto fare, perché diversamente non ho altra competenza e non riesco a immaginarmi altre competenze. l’Università negli anni degli anni 70 era una università molto, diciamo molto più interessante, certamente migliore di quello che era la società catanese.

C’era una facoltà di medicina che era prestigiosa. 

[…] Non era un posto abbandonato, ma l’università annoverava persone come Condorelli, Signorelli, Gaglio, ma anche anche Rasario, tutte persone che hanno fatto la storia della medicina italiana e quindi ho avuto la fortuna proprio in quel periodo di confrontarmi con personaggi di questo calibro. […]

Nel 2015 diventa Direttore Facente funzione dell’Unità Operativa Complessa (U.O.C.) Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Policlinico-Vittorio Emanuele”, nel 2016 la nominano direttore dell’Unità Operativa Complessa (U.O.C.) Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliera per l’Emergenza Cannizzaro e dal 2020 alla dicitura, ed alle responsabilità,  delle Malattie Infettive si aggiunge, con tutto ciò che ne ha comportato e ne comporta a tutt’ora, la dicitura COVID-19.  Sono così lontani oggi quei giorni legati all’emergenza COVID-19? Le va di raccontarci come li ha vissuti e se crede che davvero oggi il COVID non faccia più paura?

Quei giorni che abbiamo dedicato alla gestione del paziente COVID,  sono giorni che non dimenticherò mai. Io credo di poter dire che alla fine del mio percorso professionale, perché avendo 67 anni è chiaro che non posso immaginare altri venti anni di professione, li farei volentieri, ma non è possibile, però alla fine di questo percorso professionale doversi confrontare con una patologia di cui non conoscevamo bene la eziologia, quindi il virus, e di cui non sapevamo bene quali erano gli effetti che il virus produceva nel corpo umano, è stata una delle cose più delle imprese più titaniche e più difficili, ed anche più impattanti dal punto di vista emotivo, che mi è capitato di verificare, di sperimentare nella mia vita professionale. […]

Direttore lei è nato a Militello in Val di Catania l’1 febbraio del ’56 ed all’età di 8 anni si è trasferito con la famiglia a Catania. Quali sono i suoi primi ricordi  e com’era da bambino?

Da bambino ero sicuramente un bambino molto vivace, molto attento a tutto quello che era attorno a me. Avevo familiarizzato molto con i compagni di scuola elementare e le stessa maestre, che erano delle suore perché si trattava di un orfanotrofio che veniva utilizzato come scuola elementare, mi hanno individuato subito come un soggetto valido anche per alcune recite. […]

– Negli anni ’70 frequenta la Facoltà di Medicina e Chirurgia presso l’Ateneo catanese. Com’era Catania in quel periodo? L’ha vista cambiare molto negli anni?

[…] Catania Negli anni 70 era una città, come dire, ancora sottoposta a una pesante presenza di attività mafiose. Era una città in cui c’era molta abusivismo edilizio, dove c’era stata anche una enorme cementificazione. […]

Non c’è dubbio che col tempo la città, anche con amministratori che hanno avuto ovviamente una visione migliore, ha avuto una reviviscenza, ha avuto un recupero del centro storico ed  anche un recupero sociale che credo oggi però si stia lentamente perdendo.[…]

– Il 3 luglio dell’’80 consegue la laurea in Medicina e Chirurgia proprio presso l’Ateneo Catanese, con la valutazione di 110/110 e la lode ed ottieni anche la proposta premio Barbagallo Sangiorgi. Da cosa nasce la sua passione per la medicina e la scienza e cosa sognava in quegli anni?

La mia passione per la medicina e la scienza nasce quando ero già piccolo.Una volta un pesciolino d’acqua dolce che si sentiva male l’ho vivisezionato per cercare di curarlo. Immaginavo che avesse un blocco intestinale o qualcosa del genere.[…]

[…] Quindi, evidentemente la mia passione per la medicina affonda le sue radici all’età praticamente quasi infantile. Ho sempre pensato nella mia vita di fare il medico ed era l’unica cosa che forse avrei potuto fare, perché diversamente non ho altra competenza e non riesco a immaginarmi altre competenze. l’Università negli anni degli anni 70 era una università molto, diciamo molto più interessante, certamente migliore di quello che era la società catanese.

C’era una facoltà di medicina che era prestigiosa. 

[…] Non era un posto abbandonato, ma l’università annoverava persone come Condorelli, Signorelli, Gaglio, ma anche anche Rasario, tutte persone che hanno fatto la storia della medicina italiana e quindi ho avuto la fortuna proprio in quel periodo di confrontarmi con personaggi di questo calibro. […]

– Nel 2015 diventa Direttore Facente funzione dell’Unità Operativa Complessa (U.O.C.) Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria “Policlinico-Vittorio Emanuele”, nel 2016 la nominano direttore dell’Unità Operativa Complessa (U.O.C.) Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliera per l’Emergenza Cannizzaro e dal 2020 alla dicitura, ed alle responsabilità,  delle Malattie Infettive si aggiunge, con tutto ciò che ne ha comportato e ne comporta a tutt’ora, la dicitura COVID-19.  Sono così lontani oggi quei giorni legati all’emergenza COVID-19? Le va di raccontarci come li ha vissuti e se crede che davvero oggi il COVID non faccia più paura?

Quei giorni che abbiamo dedicato alla gestione del paziente COVID,  sono giorni che non dimenticherò mai. Io credo di poter dire che alla fine del mio percorso professionale, perché avendo 67 anni è chiaro che non posso immaginare altri venti anni di professione, li farei volentieri, ma non è possibile, però alla fine di questo percorso professionale doversi confrontare con una patologia di cui non conoscevamo bene la eziologia, quindi il virus, e di cui non sapevamo bene quali erano gli effetti che il virus produceva nel corpo umano, è stata una delle cose più delle imprese più titaniche e più difficili, ed anche più impattanti dal punto di vista emotivo, che mi è capitato di verificare, di sperimentare nella mia vita professionale. […]


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