La piccola Elena uccisa con un sacco nero intorno alla testa - Live Sicilia

La piccola Elena uccisa con un sacco nero intorno alla testa

Emergono nuovi raccapriccipanti dettagli sull'assassinio della bimba.
IL DELITTO DI MASCALUCIA
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3 min di lettura

MASCALUCIA – È stata uccisa con un sacco nero in testa. Martina Patti ha colpito la figlia Elena con oltre 11 fendenti dopo averle messo una busta sul capo. Uno dei sacchi “utilizzati per imbustare il cadavere” (come scrive la gip nell’ordinanza) è stato trovato con dei fori corrispondenti alle coltellate che sono state inferte alla bimba. L’inquietante retroscena sulla ricostruzione del delitto è stato confermato a LiveSicilia dagli investigatori che da più di una settimana stanno svolgendo accertamenti sul cruento delitto della piccola Elena Del Pozzo per mano della mamma, rea confessa.

La piccola di appena 5 anni (il compleanno sarebbe stato il prossimo 12 luglio) è andata con la madre in quel terreno incolto vicino la casa di Mascalucia. La mamma aveva dietro i sacchi neri. “Quando sono andata al campo con Elena avevo con me una busta di plastica di colore nero che ho strappato dal rotolo prima di uscire da casa”, ha confessato Martina Patti. Non sarà stato facile per la bambina inerpicarsi tra sassi di pietra lavica e arbusti. “Era la prima volta che portavo la bambina in quel campo, in precedenza ci ero stata da sola o con mio zio per coltivare asparagi”, ha raccontato l’indagata ricostruendo quel maledetto lunedì (13) di giugno.

Chissà cosa le avrà detto per convincerla a mettersi il sacco in testa? Gli investigatori hanno ipotizzato anche che possa essere stata sedata tanto da aver disposto un test tossicologico. Una volta avvolta nella busta l’ha colpita al collo, all’orecchio, alla schiena; il coltello usato (che non è stato ancora trovato) è entrato nella carne mentre Martina Patti era girata (“Perché non volevo guardare”). “Ho l’immagine del coltello ma non ricordo assolutamente dove l’ho preso. Non ricordo di avere fatto del male alla bambina, ricordo solo di avere pianto tanto”, ha detto agli investigatori dopo il crollo.

In una prima fase, infatti, Martina Patti ha insistito sulla versione del rapimento del commando armato. Nemmeno davanti all’evidenza delle immagini delle telecamere si è arresa. La figlia una volta ammazzata è stata seppellita nella fossa, prima la parte alta è stata avvolta in altri quattro sacchi della spazzatura. La testa è stata conficcata nella sabbia nera, con l’aiuto di una zappa l’ha ricoperta di terriccio e cenere lavica. Ma non è riuscita a sotterrarla per intero. Quando i carabinieri hanno capito che in quel fondo avrebbero trovato il cadavere di Elena hanno seguito le indicazioni di Martina e hanno cominciato a cercare. Un piccolo particolare ha destato l’attenzione. “Del corpo senza vita della minore sporgeva, rispetto al terreno, una porzione del gluteo destro”, ha messo nero su bianco la gip.

La bimba uccisa, denudata dei pantaloncini gialli e delle mutandine (intrise di sangue), indossava solo la maglietta (inzuppata di materiale ematico). La testa era avvolta dalle cinque buste nere. “L’ispezione cadaverica descriveva il capo della bambina avvolto completamente nei sacchi per i rifiuti e accertava la presenza sul corpo, sia nella regione interscapolare che in quella latero cervicale sinistra e all’orecchio, di soluzioni da continuità multiple da punta e da taglio, ciò che induceva il medico legale a ipotizzare che il decesso fosse dovuto a shock emorragico e che le lesioni fossero compatibili con l’uso di un’arma bianca impiegata con azione da punta e da taglio”, annota la giudice. Semplicemente raccapricciante.


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