Catania, sentenza Ciancio: la Procura va in appello, Montana no

Sentenza Ciancio: la Procura va in appello, la famiglia Montana no VIDEO

Dario, fratello del commissario Beppe ucciso dalla mafia: "La città è disinteressata"

CATANIA – Sulla sentenza Ciancio dello scorso 26 gennaio, la Procura di Catania ha presentato appello. La richiesta è firmata dall’aggiunto Agata Santonocito e porta la data dello scorso 15 ottobre.

Il processo era incardinato sul concorso esterno all’associazione mafiosa celebrato nei confronti dell’imprenditore ed editore Mario Ciancio Sanfilippo, di 92 anni. La Procura aveva chiesto la condanna a 12 anni e la confisca dei beni che gli erano stati dissequestrati. 

La sentenza Ciancio

“Riformare la sentenza impugnata e disporre il sequestro e la confisca dei beni, negati in primo grado. È quanto chiede la Procura, nell’atto d’appello presentato contro l’assoluzione. Pronunciata con la formula perché il fatto non sussiste dalla prima sezione penale del Tribunale.

Un processo, che ebbe inizio nel 2017 e che verteva su presunti rapporti con esponenti di spicco di Cosa nostra etnea legati alla famiglia Santapaola-Ercolano. Ipotesi sempre contestata dall’imprenditore e dai suoi legali, gli avvocati Carmelo Peluso, Giulia Buongiorno, e Francesco Colotti. 

L’appello

Nell’atto d’appello la Procura contesta le conclusioni del Tribunale che, scrive, “non possono essere condivise e meritano censura” perché “sono il frutto di una valutazione incompleta di alcuni elementi di prova più significativi acquisiti”.

Il pm parla di “un’inammissibile parcellizzazione e semplificazione degli elementi di prova ritenuti provati dallo stesso collegio in quanto non sono stati valutati alla luce delle conoscenze acquisite“.

La famiglia Montana

“Rinnovo la mia fiducia nei confronti dei pm del processo, che credo abbiano ragioni fondate, per proseguire” e “noi siamo pienamente soddisfatti dell’andamento del processo perché crediamo che tutta la verità storica è stata svelata e, in quella sede e in quel tempo, abbiamo chiesto, con il nostro avvocato, come risarcimento un euro”.

È quanto dice Dario Montana, fratello del commissario Beppe assassinato da Cosa nostra il 28 luglio del 1985, annunciando in conferenza stampa di non presentare atto d’appello alla sentenza di assoluzione di Mario Ciancio Sanfilippo. La famiglia Montana, assistita dall’avvocato Goffredo D’Antona, si era costituita parte civile.

Tra “le assenze” con cui Montana è critico ci sono “le associazioni antiracket”. “La vera forza della mafia, come diciamo da anni non sta nella mafia, ma al di fuori della mafia. Io credo che questa città abbia voglia di mafia: stiamo discutendo del clima culturale e che c’è una città che è abituata a girarsi dall’altra parte”. Ha concluso Dario Montana, nel corso della conferenza stampa indetta questa mattina nello studio legale di D’Antona.

La nota dei legali di Ciancio

“L’appello del Procuratore della Repubblica censura la sentenza di assoluzione di Mario Ciancio. Riproponendo gli stessi temi che ormai da quasi dieci anni sono stati sottoposti alla valutazione dei giudici, sia nel procedimento di prevenzione che in quello di merito, e sino a oggi con un esito sempre sfavorevole alle tesi dell’accusa.

Affronteremo con doverosa attenzione anche il grado di appello, confidando nella forza della verità e della ragione, ma soprattutto nella forte tempra di un imputato novantaduenne”. Così, in una nota, il collegio di difesa dell’editore e imprenditore.


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